
Vedendo sui social le immagini della piazza di Faenza ieri sera, con centinaia di persone che, dopo aver passato una giornata a spalare fango, si sono riunite spontaneamente per fare festa, mi sono commosso. Non per quell’orgoglio romagnolo che in queste ore di fatica viene diffuso come benzina per alimentare gli sforzi dei soccorritori e dei volontari, ma perché è bello vedere le persone festeggiare con semplicità, senza sovrastrutture, senza organizzazioni, con un po’ di cibo condiviso e alcuni strumenti suonati da dei giovani artisti che animano le danze della gente.
Ancora sporchi di fango (quelle macchie esibite sui social sono ormai motivo di vanto e testimonianza di impegno) si sono ritrovati nella piazza della città per festeggiare.
Mi è venuto in mente quanto afferma papa Francesco nella Evangelii Gaudium al n. 24 che, tra i cinque verbi che caratterizzano l’evangelizzazione della Chiesa ricorda anche il festeggiare, cosa di cui – dobbiamo ammetterlo – non siamo più tanto capaci.
Proprio in questi giorni, nel confronto con un amico, emergeva la fatica di vivere in parrocchia una festa per la conclusione dell’anno pastorale: la gente non ne ha voglia né di organizzarla, né di partecipare … con il cuore e la mente sono altrove. Cosa ci dice questa cosa?
La gente di Faenza ci testimonia quali siano gli elementi che fanno la festa: sentirsi parte di una comunità, condividere qualcosa di importante (un’impresa) sentendosi tutti protagonisti senza esclusione di nessuno, … allora sboccia la festa anche se non tutti i problemi sono ancora stati risolti, anche se ancora c’è tanto fango e la gente dorme nei palazzetti, anche se il giorno dopo si tornerà a faticare… Vorrei che le immagini di questi giorni entrassero nel percorso sinodale che la Chiesa sta facendo perché possiamo imparare molto dalla nostra gente, dal loro modo di ritrovarsi per lavorare insieme e per festeggiare, sorpattutto da quelli che da anni si sono allontanati dalle nostre assemblee…
A suo modo quella di ieri è stata una “liturgia” di ringraziamento…
Mi ha reso un po’ triste il segno della chiesa cattedrale chiusa (lo dico sinceramente senza alcun giudizio e senza alcuna polemica, ma simbolicamente è un segno che stride molto) mentre tutta la gente era proprio lì davanti a festeggiare. Se quella chiesa, che rappresenta ogni nostra chiesa, fosse stata aperta magari qualcuno avrebbe completato quella “liturgia popolare” coinvolgendo in modo più evidente anche il Signore; se fosse stata aperta, forse la gente avrebbe sentito che anche quello spazio poteva essere “occupato” per condividere la festa.
Oggi in quelle chiese ci ritroveremo per le nostre liturgie di ringraziamento nella festa dell’Ascensione; molti volontari saranno ancora impegnati a spalare il fango e a tentare di risistemare. Con lo spirito li vogliamo sentire con noi per condividere nella nostra festa la loro festa e portarla al Signore nel pane e nel vino che presenteremo sull’altare, frutto di una terra che ora è stata allagata e di un lavoro dell’uomo che, in questi giorni nella nostra regione, è molto caratterizzato dal soccorso, dalla solidarietà e dall’aiuto reciproco.
Parole sante! Se in ogni evento che accade ( siccità, Covid, alluvioni, terremoti…) non propone un valore educativo, la missione della Chiesa si esautora. Dietro ogni evento c’ è la mano di Dio che ci vuole portare a maturare: per esempio: a non fidarci solo della nostra tecnoligia, organizzazione, capacità lavorativa ( esaltata poi per i Romagnoli) , eccetera. Gli organizzatori di quella festa a Faenza non hanno trovato aperta la porta della chiesa ma non l’hanno nemmeno richiesta. A questo punto un giovane può dire: se divento prete per fare le cose che già fanno tutti cosa divento prete a fare?
Nelle nostre feste manca la spontaneità.
Manca la voglia di adattarsi.
Ci si aspetta la perfezione…se manca qualcosa c’è il – non faccio festa io nemmeno tu-
Manca la cordialità.. l’accettazione dell’altro per quel che è.
Abbiamo caricato troppo le nostre aspettative.
Quelli in piazza a Faenza facevano festa ..così sporchi … magari il fango nascondeva le imperfezioni…forse serve più fango.
Saluti caro don .. chissà se avremo occasione di incontrarci.