Dimissioni

Tra ieri e oggi due persone chiamate a ricoprire incarichi di responsabilità nella cosa pubblica si dimettono: Carlo Fuortes, amministratore delegato della RAI e Carlo Cottarelli, senatore della Repubblica; ambedue lasciano il loro incarico perché hanno riconosciuto essere venute meno le condizioni di esercizio del loro servizio al bene comune.
Più conosciuta – forse – è la vicenda dell’a.d. della RAI per rimuovere il quale – si dice – nei giorni scorsi sia stato approvato dal Governo un Decreto legge ad personam; più personale, ma altrettanto significativa, la scelta del senatore Cottarelli che riconosce il suo servizio in Parlamento meno significativo del poter ritornare ad insegnare in Università.

La scelta di queste due persone ci è stata comunicata da loro stessi come una scelta tesa a difendere la propria dignità personale, perché essi si dichiarano indisponibili a rimanere in un ruolo a qualsiasi costo, magari cambiando “casacca” – come è stato proposto a Cottarelli che ha dichiarato di avere qualche problema con la nuova segreteria del PD (non tanto con la Segretaria) – o soggiacendo a becere e tristi logiche di potere disponibili a risistemarti altrove purché non tu crei problemi e ti fai da parte nel ruolo in cui risulti indesiderato.
Tale scelta ci pone però molti e gravi interrogativi, riconoscendo in entrambi delle persone capaci e competenti nel ruolo che era stato loro assegnato, ma impossibilitate mediante meccanismi perversi a portare il loro contributo. Queste due dimissioni, annunciate provvidenzialmente nell’arco di poche ore, ci fanno cogliere la situazione di crisi presente nelle nostre istituzioni: se due uomini capaci sono impediti dal portare il loro contributo lì dove sono stati posti, ci chiediamo come le nostre istituzioni siano in grado di valorizzare al meglio le competenze personali per il bene comune. Nessuno è così ingenuo da non sapere che ci siano logiche politiche che dominano alcuni ambiti delle istituzioni, ma si vorrebbe sperare che ad alcuni livelli si sia capaci di riconoscere il bene portato da qualcuno riconosciuto come competente anche se non appartenente allo schieramento che, di volta in volta, detiene la maggioranza (non è un problema solo di questo Governo).

Mi risuona nella mente quella frase che Gesù disse ai suoi discepoli: “tra voi però non sia così!” (Cfr. Mc 10). Se le logiche politiche dominanti alcuni ambiti della società civile producono certi obbrobri, mi chiedo se davvero nella comunità cristiana siamo capaci di fare diversamente, se siamo capaci di valorizzare le competenze, la creatività, l’intraprendenza, … oppure se prevalgono anche tra noi le medesime logiche che portano qualcuno a scegliere di andarsene anche senza dimissioni o di continuare a servire la comunità in luoghi in cui le competenze acquisite e riconosciute possano essere meglio valorizzate per il bene comune e per la missione.

E’ un tema su cui non è inutile riflettere e compiere un’attenta verifica.

Pubblicato da tecnodon

Prete cattolico. Formatore in seminario ed Assistente AGESCI

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