
Oggi è un giorno di digiuno.
Siamo talmente abituati a corrispondere ad ogni nostro bisogno che questa proposta della chiesa ci sembra una gran fatica. Ho pensato che tutte le fatiche possono apparire più leggere se vengono condivise, se non le viviamo ripiegandoci su noi stessi.
Condivido il digiuno di oggi con moltissime persone aderenti all’Islam, che dal 22 marzo hanno iniziato il Ramadan vivendo ogni giorno un digiuno molto esigente che richiede addirittura l’astensione dal bere acqua.
Condivido il digiuno con i 440 rifugiati recuperati mercoledì scorso dalla nave Geo Barents di “Medici senza frontiere” che per due giorni e due notti sono rimasti in balia del mare senza cibo né acqua, e con i tantissimi che, fuggendo da guerre e carestie, oggi si trovano nelle medesime condizioni.
Condivido il digiuno con tutte quelle persone (ne conosco tante) che per prendersi cura degli altri in famiglia o nel loro lavoro (soprattutto in ambito sanitario) non riescono neppure a fare una pausa per mangiare.
Condivido il digiuno con coloro che ogni giorno faticano a mettere sulla tavola qualcosa da mangiare per loro stessi e per i propri figli e digiunano per consentire ai propri figli di mangiare.
Condivido il digiuno con coloro che devono astenersi dal mangiare perché si stanno preparando ad un intervento chirurgico.
Condivido il digiuno con coloro che oggi non riescono a mangiare perché l’angoscia, il dolore per un lutto, la preoccupazione per i propri figli ha “chiuso il loro stomaco”.
Condivido il digiuno con tutti i cristiani e le cristiane che oggi vivono questo gesto con semplicità, per ricordare che la nostra vita è fragile e si sostiene solamente perché Dio ha cura di noi e sono convinti, come dice la Parola di Dio, che non di solo pane vive l’uomo.
Se questo digiuno mi aiuterà a crescere nella fraternità, nell’umiltà di fronte a Dio e nella verità nella conoscenza di me stesso, allora sarà davvero fruttuoso e mi preparerà ad accogliere il dono grande della Pasqua.