Il testo del salmo è celebre, ma non ci è mai sembrato strano che giustizia e pace si possano baciare. Forse sentiamo più stridente un bacio tra giustizia e minsericordia perché, nella nostra mentalità, la misericordia richiede di rinunciare alla giustizia.
Eppure da qualche settimana questo bacio non sembra più tanto facile; la pace e la giustizia sembrano essere poste su binari paralleli che non riescono ad incontrarsi.
Mi riferisco a quanto accaduto dopo la richiesta di Svezia e Finlandia di entrare nella NATO (ammesso che l’ingresso nella NATO di due paesi europei possa rappresentare – in questi tempi – una notizia che rassicura circa il desiderio di pace), richiesta che ha trovato il veto della Turchia (!), la quale per togliere il veto al loro ingresso nell’Alleanza Atlantica ha richiesto (e ottenuto) l’estradizione di alcuni esponenti del PKK, il partito curdo considerato terrorista dal governo di Ankara.
Oggi la storia si ripete nella regione del Kosovo: il tribunale internazionale dell’Aja ha condannato per crimini di guerra un comandante dell’UCK (Esercito di liberazione albanese) per fatti accaduti durante la guerra del 1998/1999 e subito la Serbia, paese coinvolto in quel conflitto per la difesa della minoranza serba che abita nella regione, ha minacciato di inviare truppe a difesa dei luoghi santi ortodossi.
La pace non può mai essere ottenuta a prezzo della giustizia. Quei compromessi che ci sembrano necessari per risolvere situazioni di conflitto, ne aprono altri spesso più radicali e sanguinosi. La pace si ottiene solo grazie alla giustizia e al perdono; senza queste condizioni forse si possono far tacere le armi in un territorio, ma non si otterrà la pace che si desidera.