
Mi è capitato altre volte di cogliere dei collegamenti inusuali e discutibili tra le notizie che vengono riportate dai quotidiani.
In questi giorni molti plaudono all’intelligente soluzione che ha finalmente posto la Basilica di san Marco a Venezia al riparo dal fenomeno dell’acqua alta: un sistema di paratie di cristallo difende questo straordinario edificio monumentale dall’ingresso dell’acqua, capace di causare innumerevoli danni. E’ giusto gioire quando l’intelligenza e la creatività delle persone risolvono problemi.
La la Basilica Patriarcale di Venezia non è l’unico tesoro minacciato dall’acqua.
Ho ancora negli occhi le immagini che qualche settimana fa ci mostravano le condizioni delle popolazioni del Pakistan.

E’ di questi giorni la notizia di centinaia di persone recuperate in mare mentre erano in pericolo e la relativa difficoltà dei governi, in particolare quello italiano, ad accoglierle riconoscendo il valore della vita di queste persone bollate semplicemente come illegali, senza domandarsi seriamente cosa abbia spinto ognuno di loro ad intraprendere quel viaggio così pericoloso.

L’acqua nella Scrittura è spesso considerata come elemento da cui essere salvati. Celebre è il racconto che leggiamo ogni anno nella notte di Pasqua dell’azione mirabile di Dio intervenuto per salvare il suo popolo nel passaggio del Mar Rosso. Ma che dire del profeta Giona, o dello stesso san Paolo che per tre volte ha vissuto l’esperienza del naufragio? O dei discepoli di Gesù che attraversando il Lago di Tiberiade, pur essendo esperti pescatori, si trovano in pericolo di morte?
Salvare dall’acqua è una delle azioni che rivelano la misericordia di Dio, il suo amore e il valore che attribuisce alla nostra vita.
Ci sono molti “tesori” che si possono salvare, per i quali mettere in campo ingegno, creatività, risorse economiche e misericordia. E quando non considereremo scartabile o residuale nessuno di questi tesori – preziosi agli occhi di Dio – allora potremo davvero gioire e fare festa perché abbiamo saputo dare il meglio di noi stessi, perché abbiamo rivelato lo splendore della nostra umanità.