Questa è un’affermazione che non crea nessuno scandalo, nessun turbamento; anzi, paradossalmente, ha quasi un effetto rassicurante. Essa viene letta nella prospettiva del “mal comune mezzo gaudio“; nonostante il suo contenuto deflagrante e oggettivamente problematico, noi non la prendiamo sul serio.
Questa frase l’ha pronunciata il Papa durante una conferenza stampa in aereo, di ritorno dal recente viaggio in Grecia, rispondendo alla domanda di una giornalista francese che domandava luci riguardo le dimissioni del vescovo di Parigi. Queste le parole del Papa riportate dal sito ufficiale della Santa Sede.
Così, Aupetit è peccatore come lo sono io. Non so se Lei si sente così, ma forse… come è stato Pietro, il vescovo sul quale Cristo ha fondato la Chiesa. Come mai la comunità di quel tempo aveva accettato un vescovo peccatore? (…) era una Chiesa normale, era abituata a sentirsi peccatrice sempre, tutti: era una Chiesa umile. Si vede che la nostra Chiesa non è abituata ad avere un vescovo peccatore, e facciamo finta di dire “è un santo, il mio vescovo”. No, questo è Cappuccetto Rosso. Tutti siamo peccatori. (…) Un uomo al quale hanno tolto la fama così, pubblicamente, non può governare. E questa è un’ingiustizia. Per questo, io ho accettato le dimissioni di Aupetit non sull’altare della verità, ma sull’altare dell’ipocrisia.
Queste parole del Papa mi hanno molto colpito perché aprono ad una prospettiva che non sempre siamo abituati a considerare.
Papa Francesco ci parla della prima Chiesa di Roma come di una Chiesa che aveva accolto un vescovo peccatore perché era una “Chiesa normale, abituata a sentirsi peccatrice sempre, tutti: era una Chiesa umile“.
Una Chiesa “normale” è una comunità di persone che considerano il peccato come parte della loro natura; è una comunità di uomini e donne che, in virtù di questa consapevolezza, è umile e capace anche di accogliere un vescovo peccatore senza giudicarlo.
Rispetto al peccato, invece, noi rischiamo di avere un atteggiamento ambiguo e insano: o siamo rassegnati, lo tolleriamo e, per giustificarci, lo facciamo diventare un non-problema; oppure non lo consideriamo affatto come facente parte della nostra natura e, illusoriamente, ci confrontiamo con modelli idealizzati che tendono ad escludere il peccato considerandolo, eventualmente, come un “incidente di percorso” e un tradimento dell’ideale: ma “questo è Cappuccetto Rosso“, dice il Papa.
Questa realtà non esiste, è una mistificazione!
Il peccato, invece, è una cosa seria che rattrista l’uomo, umilia la sua umanità, frustra il suo desiderio di felicità autentica: per questo non può essere tollerato (il peccato, non il peccatore).
L’uomo, per parte sua, nonostante le sue enormi potenzialità, è una creatura fragile, esposta al peccato. Nonostante le sue buone intenzioni, l’uomo è chiamato a riconoscere la sua naturale propensione al peccato: per affermare sé stesso, il suo valore, la sua libertà, il suo desiderio di sua autonomia ed indipendenza, l’uomo tende ad opporsi a Dio, non riconoscendo nella proposta che Dio gli rivolge la via bella e buona per realizzare tutti i suoi desideri.
Noi siamo tutti come il figlio minore della parabola del Padre misericordioso (Lc 15,11-32), desiderosi di cercare la nostra felicità e la realizzazione di noi stessi lontano dalla casa del Padre. Ma poi, per grazia di Dio, scopriamo che lontano da quella casa c’è solo miseria, degrado e morte; allora intraprendiamo la via del ritorno (conversione) e riscopriamo la bellezza di dimorare nell’abbraccio del Padre e ricevere il suo perdono.
La santità della Chiesa deriva solo dall’esperienza della misericordia di Dio e del suo perdono. Noi siamo “un esercito di perdonati“, ha ripetuto più volte il Papa.
La radice della santità della Chiesa risiede proprio nell’esperienza del perdono ricevuto per benevolenza di Dio; un’esperienza che, quando è vissuta in modo profondo, genera un vita santa, fatta di riconoscenza verso il Padre, di comunione con i fratelli e le sorelle, di accoglienza e misericordia verso tutti; un’esperienza da cui nasce il desiderio di condividere con tutti la gioia derivante dalla possibilità di essere riscattati dal peccato e di vivere una vita santa.
Mi scandalizza che moltissimi pensino che la Chiesa sia una comunità di persone giudicanti, intolleranti e discriminanti, come il figlio maggiore della famosa parabola citata (evidentemente comunichiamo questa impressione!).
Mi preoccupa che non emerga questa dimensione “normale” della Chiesa che, consapevole del suo essere peccatrice (perché formata da uomini e donne che sono tutti peccatori), si propone con umiltà al mondo, pronta ad indicare e condividere la via del riscatto e del perdono.
Solo se cresce la consapevolezza di questa verità potremo liberarci dall’ipocrisia che regola i rapporti interni alla comunità ecclesiale e dall’arroganza con cui ci presentiamo agli occhi del mondo.
Allora la parola del Vangelo, che è l’annuncio della misericordia di Dio, risuonerà autentico e credibile sulle nostre labbra, perché sarà confermato dalla nostra testimonianza di vita umile e accogliente, come è la vita di uomini e donne che sono stati perdonati dal loro peccato.
Purtroppo spesso la Chiesa, anche nelle sue realtà locali, le parrocchie, appare fatta di parecchie “persone giudicanti”, come scrivi tu…e non è certo un’impressione, ne ho fatto esperienza, come tu sai, e altri mi hanno motivato così il loro allontanamento se non dalla chiesa quantomeno dalla parrocchia o da qualche associazione: “Mi ero avvicinata per dare una mano, ma volevano che stessi ai loro orari e alle loro regole…” “Mi hanno risposto che non avevano bisogno” “Se deve venire solo per qualche ora ne facciamo a meno…” Quante volte ho sentito frasi simili da persone che frequentano la parrocchia, non da quelli che sono fuori! Per questo penso che con il Sinodo la Chiesa debba mettersi in ascolto non tanto dei “lontani”, ma di coloro che si sono allontanati, purtroppo spesso per colpa nostra! Sapessi quante volte anche a me è venuta la tentazione di andarmene sbattendo la porta…ma io sono una combattente, se mi ostacolano reagisco, e non vedo perché debba rinunciare alla Chiesa (che comunque amo) solo perché ci sono persone davvero sgradevoli… Ma non siamo tutti uguali, penso che una riflessione sul perché le persone se ne vanno sia davvero urgente…