In meno di un mese abbiamo avuto l’opportunità di partecipare a due “beatificazioni”: ieri quella di Sandra Sabattini e, alla fine di settembre, quella di don Giovanni Fornasini. Moltissimi gli elementi di comunanza, altrettanti quelli che li distinguono.
Ciò che li rende assolutamente “fratelli” è il desiderio espresso chiaramente di vivere la propria vita come un dono per gli altri, senza trattenere nulla per sé stessi. Nel Diario che Sandra ha lasciato e nelle pochissime parole scritte che si sono rimaste di don Giovanni viene dichiarato con semplicità e radicalità questo desiderio di spendersi totalmente nella carità, soprattutto verso coloro che sono i più abbandonati.
C’è un elemento che mi colpisce molto nel confronto tra questi due giovani testimoni, un elemento di distinzione che mi lascia una fortissima provocazione.
Di don Giovanni ci sono rimasti pochissimi scritti, redatti per lo più durante gli anni del seminario. Oltre alle testimonianze della gente che lo ha conosciuto e che ha toccato con mano la sua carità, la traccia determinante per riconoscere il suo martirio è stata data dall’analisi dei suoi resti mortali. Il suo corpo, nonostante sia stato “abbandonato” ed esposto per sei mesi dietro il cimitero di san Martino, ricuperato dal fratello e sepolto, a distanza di anni “ha raccontato” ciò che don Giovanni ha subito per mano dei suoi uccisori ed ha certificato che la sua morte è da considerare un vero martirio.
Di Sandra, al contrario, l’unica traccia “sensibile” che ci è rimasta, oltre alla testimonianza dei tantissimi che l’hanno conosciuta, è il suo Diario, diffuso da don Oreste Benzi negli anni immediatamente successivi alla morte avvenuta per un incidente stradale; sono quelle pagine che ci raccontano la santità da Sandra, il suo dialogo intimo con il Signore, il suo desiderio di dono totale di sé stessa ai poveri, le risonanze sulle esperienze vissute e le riflessioni elaborate nei momenti di ritiro con la Comunità Papa Giovanni XXIII. Del corpo di Sandra, invece, non è rimasto nulla, come se non fosse necessario per custodire la sua testimonianza.
Come mi ha fatto notare don Giampiero ieri sera, di ognuno dei due ci è stato lasciato e ci è rimasto solamente ciò che ci serviva per comprendere la testimonianza della loro vita. La crudezza dei dati dell’autopsia di don Giovanni e la radicalità delle parole di Sandra riportate nel Diario, sono come le tracce che dobbiamo seguire per camminare nella via della santità che loro ci hanno indicato: una via esigente e seria; una via che non lascia troppo spazio a devozionismi e “santini”; una via che, dopo le grandi emozioni condivise nei due eventi di “beatificazione”, ora abbiamo il dovere di seguire.