L’uomo non è il suo errore


La frase contenuta nel titolo di questo post è di don Oreste Benzi.
Questa affermazione ci trova tutti d’accordo – penso – quando la poniamo in termini assoluti. Se infatti pensassimo che l’uomo fosse il suo errore, che sia lo sbaglio, il peccato, il reato a definirlo, saremmo tutti travolti da un senso di disperazione, ben consapevoli dei nostri errori e dei nostri peccati (anche gravi), forse anche dei nostri reati, benché da noi stessi considerati lievi e giustificabili.
L’uomo non è il suo errore. Questa frase ci porta un senso di sollievo e di speranza quando pensiamo a noi stessi, ai nostri figli (che di errori anche gravi ne commettono e rischiano di commetterne), alle persone che amiamo.
Ma vale per tutti o solo per qualcuno?
La domanda sorge spontanea a fronte delle reazioni più o meno scomposte apparse sui media dopo la scarcerazione di Giovanni Brusca, famoso killer di Cosa Nostra, che ha confessato 150 omicidi, alcuni dei quali veramente molto efferati: per lui vale l’espressione di don Oreste oppure lui è e rimarrà sempre il suo errore senza possibilità di riscatto e di perdono?

Non è possibile trattare con superficialità questo tema perché da esso dipende sia la percezione della giustizia, sia il rispetto della dignità della persona (che rimane tale anche se si è macchiata di orrendi delitti), sia la credibilità dello Stato e delle sue leggi.
Nessuno nega (neppure lui stesso) che le azioni commesse da Giovanni Brusca siano orribili e che non possano essere giustificate in alcun modo, ma ci fa bene ricordare – in linea generale – che lo Stato è il primo che deve rispettare le leggi promulgate dal Parlamento e che la pena carceraria – secondo quando previsto dall’art. 27 della Costituzione (Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato) – ha sempre come orizzonte di valore quello della rieducazione della persona che ha commesso reato, perché testimonia la speranza di un cambiamento rispetto all’errore commesso.

Non so nulla di Giovanni Brusca se non quanto è stato raccontato in questi venticinque anni dai media. So che ha commesso e confessato cose atroci; so che ha collaborato con gli inquirenti e che – per questo motivo – ha ottenuto dallo Stato uno sconto di pena; so che ha pubblicamente chiesto perdono per i delitti commessi.
Non so se in questi venticinque anni sia cambiato, se l’esperienza in carcere abbia rappresentato una nuova opportunità per lui che, fin da giovanissimo, non ha conosciuto altro che la realtà di Cosa Nostra con “la sua cultura e le sue leggi”. Non so nulla di cosa sia avvenuto nella sua vita; non conosco il suo cuore e non posso permettermi di giudicarlo.

So – come affermava don Oreste – che un uomo non è il suo errore e credo che questo principio valga anche per Giovanni Brusca, nonostante tutto il male che ha commesso. Spero che lui, che in Cosa Nostra era chiamato “u verru” (il porco); che si è autodefinito “una bestia” per tutto il male che ha commesso, e che ancora da qualcuno viene pubblicamente definito come tale, possa aver incontrato o possa incontrare qualcuno che lo guardi come una persona, gli dica semplicemente che un uomo non è il suo errore e che ha la possibilità di vivere diversamente gli anni che gli rimangono.
Non so se se lo meriti (non spetta a me giudicarlo), ma so che qualcuno, nel rispetto della Legge, glielo ha concesso; spero che possa sfruttare questa possibilità aiutandoci a confermare l’affermazione di don Oreste. Sarebbe una grande vittoria per la nostra democrazia e per la nostra Costituzione, una vittoria che io mi consento di desiderare senza sentirmi ingenuo.

Pubblicato da tecnodon

Prete cattolico. Formatore in seminario ed Assistente AGESCI

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