
Oggi 28 maggio, il Seminario Regionale di Bologna celebra la memoria del beato Rolando Rivi, seminarista martire, ucciso nel 1945 da un gruppo di partigiani, vittima dell’odio ideologico che si è accanito contro un ragazzo di quattordici anni che, in modo semplice, voleva testimoniare la sua appartenenza a Cristo.
Rolando Rivi, come anche Rosario Livatino – beatificato lo scorso 9 maggio – e don Giovanni Fornasini, che sarà beatificato il prossimo 26 settembre a Bologna, non sono martiri solo perché sono stati uccisi ingiustamente da uomini violenti e senza scrupoli, ma per la loro testimonianza di fede vissuta in modo totale e gratuito (cioè senza altri fini). La Chiesa non li ha indicati come martiri della fede (della giustizia o della carità) per il fatto che hanno subito una morte violenta e ingiusta, ma perché la loro vita era testimonianza trasparente del Vangelo, tanto da risultare insopportabile a persone che, invece, erano dominate da ideologie anti-umane e anti- cristiane; tanto insopportabile da decidere di ucciderli.
I fatti che hanno determinato la morte di Rolando Rivi oramai sono stati accertati, così come i responsabili; i tempi in cui il suo omicidio è stato commesso erano tempi molto difficili, tempi su cui il nostro Paese, dopo più di settant’anni, non ha ancora portato a compimento un processo di riconciliazione (se vuoi puoi leggere questo articolo Liberi per …) e questa mancanza determina il rischio di un’interpretazione “di parte” della testimonianza dei martiri, in particolare di quella di Rolando Rivi.
Il rischio, anche per noi credenti, si traduce concretamente nel trasformare un testimone in un testimonial.
Il martire non ci testimonia un valore o un’idea, ma il suo legame con Cristo, il suo desiderio di vivere semplicemente il Vangelo.
Se noi lo riduciamo ad essere il testimonial di un valore (per quanto importante) e lo utilizziamo come stendardo da sventolare contro coloro che ci sembra neghino quel determinato valore, noi rischiamo di deturpare la sua testimonianza e strumentalizzarla a favore di una nostra ideologia.
Come don Pino Puglisi, ucciso a Palermo nel 1993 dalla mafia, non era affatto un prete anti-mafia, ma – come affermava lui stesso – “semplicemente” un prete; come don Giovanni Fornasini, ucciso dai nazisti a Monte Sole, non era un prete antinazista o un antifascista (nel senso ideologico del termine), ma “semplicemente” un parroco dedito totalmente alla sua gente; così Rolando Rivi, ucciso da partigiani comunisti non era un anti-comunista, ma “semplicemente” e veramente un seminarista.
La parola che sigla la sua testimonianza è tanto semplice quanto trasparente e, proprio per questo, commovente: “Io sono di Gesù!“.
Questa appartenenza totale, questa sincera consacrazione interiore gli aveva fatto scegliere di indossare la veste talare anche nel tempo in cui si trovava costretto a casa (perché il seminario di Marola era stato occupato e i seminaristi rimandati in famiglia) come segno di questa sua appartenenza, come la cosa più normale per lui, come qualcosa che non poteva essere celato per quanto potesse essere considerato inopportuno, sconveniente o addirittura pericoloso.
Se noi non ricuperiamo il senso profondo e semplice del suo legame con il Signore e ci fermiamo all’elemento simbolico, rischiamo molto, rimanendo incapaci di commuoverci nel leggere sul suo volto e nella sua storia quel legame vitale con Cristo a cui Rolando Rivi aveva già deciso fin da piccolo di dedicare la sua vita nel servizio ai fratelli come presbitero della Chiesa di Reggio Emilia.
Trasformare Rolando Rivi in un testimonial della veste talare o dell’idea di un cristianesimo intransigente (e quindi veramente fedele?!?) è il peggior servizio che possiamo rendergli e una strumentalizzazione del tutto inopportuna.
Se invece saremo capaci di cogliere l’essenziale della sua testimonianza, quella parola evangelica che attraverso la sua giovane vita il Signore ha voluto dire al mondo (Cfr. Gaudete et exultate, n. 24), allora potremo benedire il Signore per la sua testimonianza e chiedere per noi, per tutti i presbiteri delle nostre chiese e per i nostri seminaristi, che lo Spirito di Dio generi quello stesso legame e lo faccia fruttificare in una testimonianza altrettanto semplice e sincera nelle circostanze in cui ognuno è chiamato a vivere.
Beato Rolando Rivi prega per noi.