
Nel racconto della Passione, ascoltato durante la celebrazione di ieri, abbiamo ancora una volta sentito parlare di Barabba, l’uomo liberato da Pilato -nonostante la sua evidente colpevolezza – al posto di Gesù di Nazareth, che anche agli occhi del governatore romano pareva del tutto innocente e “vittima dell’invidia dei Giudei”.
Non sappiamo praticamente nulla di Barabba, se non quello che ci dicono i vangeli; non abbiamo altre fonti storiche che attestino chi fosse e cosa abbia fatto.
Anche i vangeli non sono così precisi: per Giovanni era in brigante (Gv 18,40); per Matteo era un carcerato famoso (Mt 27,16); per Marco era stato arrestato insieme ai ribelli che in una sommossa avevano commesso un omicidio (Mc 15,7).
Più probabilmente può essere considerato uno zelota (un partigiano) che era stato arrestato durante un’azione compiuta contro i Romani.
Quello che il vangelo mette in evidenza è che era un uomo che aveva commesso un crimine, un uomo colpevole che viene liberato, mentre al suo posto viene condannato un innocente.
Scrive papa Benedetto XVI nel suo “Gesù di Nazaret” (pp.63-64) : “In altre parole Barabba era una figura messianica. La scelta tra Gesù e Barabba non è casuale: due figure messianiche, due forme di messianismo che si confrontano. Questo fatto diventa ancor più evidente se consideriamo che Bar-Abbas significa figlio del padre. È una tipica denominazione messianica, il nome religioso di uno dei capi eminenti del movimento messianico. L’ultima grande guerra messianica degli ebrei fu condotta nel 132 da Bar-Kochba, Figlio della stella. È la stessa composizione del nome; rappresenta la stessa intenzione. Da Origene apprendiamo un ulteriore dettaglio interessante: in molti manoscritti dei Vangeli fino al III secolo l’uomo in questione si chiamava Gesù Barabbas – Gesù figlio del padre. Si pone come una sorta di alter ego di Gesù, che rivendica la stessa pretesa, in modo però completamente diverso. La scelta è quindi tra un Messia che capeggia una lotta, che promette libertà e il suo proprio regno, e questo misterioso Gesù, che annuncia come via alla vita il perdere se stessi …” (Testo tratto da Wikipedia).
A me sembra che, al di là delle opportune riflessioni storiche, la figura di Barabba, inserita da tutti gli evangelisti nel racconto della Passione, abbia da dirci qualcosa che ci riguarda da vicino, a tal punto da poterci identificare con questo misterioso personaggio.
Barabba è il primo salvato: pur inconsapevolmente e a causa di una serie di eventi indipendenti dalla sua scelta, Barabba si trova ad essere il primo ad aver salva la vita per merito di Gesù. Barabba è il primo che fa l’esperienza di essere salvato, di essere liberato proprio a causa della morte di Gesù. Non siamo anche noi così? Non siamo anche noi salvati inconsapevolmente? Non possiamo anche noi ritenerci liberati perché Gesù ha dato la vita al nostro posto e, come dice san Paolo, non perché fossimo meritevoli, ma proprio quando eravamo peccatori? (Cfr Rom 5,6-8).
Barabba è “figlio del Padre”: Barabba ha un nome bellissimo, ma vive come se questo nome non significasse nulla. Si chiama “figlio del padre” (Bar- Abbà), ma ciò che compie è la rappresentazione di un uomo che vuole ottenere a tutti i costi ciò che per lui è giusto, senza farsi scrupoli di usare la violenza e l’omicidio. Non siamo anche noi così? Non facciamo anche noi fatica a vivere la nostra vita di figli (dipendenti dal Padre) desiderando dimostrare al mondo di poter fare quello che noi riteniamo giusto? Non siamo anche noi privi di scrupoli per ottenere ciò che ci sembra un diritto? Forse non arriviamo all’omicidio, ma non siamo estranei alla violenza.
Barabba è colui che è scelto dalla folla: Nonostante la sua dubbia moralità, Barabba è scelto dalla folla; è preferito a Gesù. La gente e i capi dei sacerdoti ritengono più pericoloso Gesù di Barabba. Barabba è uno di noi, lo comprendiamo; lo gestiamo più tranquillamente. I suoi pensieri sono i nostri pensieri; le sue vie sono le vie che anche noi vorremmo percorrere (Cfr. Is 55). Ma Gesù non è così: mai nessuno ha parlato come lui parla; e la sua “pretesa” di essere Figlio di Dio risulta inaccettabile perché chiederebbe di mettere in discussione tutte le nostre strutture religiose, sociali e politiche. In fondo Barabba, pur con tutte le sue ambiguità, potrebbe essere anche un eroe, un patriota; meglio lui di Gesù.
Barabba è l’immagine vivente di ciò che anche noi siamo, di ciò che corrisponde maggiormente al nostro essere; il confronto con Gesù e il fatto che Gesù venga condannato non ci può lasciare tranquilli.
Possiamo però riconoscere che Gesù è morto anche per Barabba, anzi forse proprio per lui, indipendentemente dalla sua eventuale conversione (che qualcuno ipotizza) nata da un fugace scambio di sguardi con Gesù.
Per questo, senza timore, possiamo identificarci in lui e vivere la Pasqua nel suo significato più autentico.
Anche noi nella Pasqua siamo liberati e salvati; siamo riscattati dall morte e da una giusta condanna e tutto questo avviene perché il Signore ha donato la sua vita per noi, come è accaduto per Barabba.