
Un tempo erano considerati negazionisti coloro che rifiutavano le ricostruzioni accreditate dalla storiografia, sostenendo altre versioni dei fatti, normalmente opposte a quelle “ufficiali”. Cosi era per il dramma della Shoah, per il Fascismo, per i Gulag staliniani, per le atrocità commesse nella guerra in Vietnam o per quelle commesse dalle potenze coloniali nei vari paesi dell’Africa o dell’America Latina. Il negazionismo un tempo riguardava prevalentemente la storia.
Oggi, con l’avvento dei social e della post-verità, il negazionista abita il presente, la cronaca quotidiana, formandosi una sua idea su fonti di informazione a cui lui concede grande credito e opponendosi a quella che considera un’informazione di regime, che vorrebbe distogliere l’attenzione delle persone dalla “verità vera” (questa tautologia si rende necessaria in un mondo in cui esistono molte verità).
La pubblica opinione rappresenta spesso il negazionista come una macchietta, come un personaggio tanto isterico quanto ingenuo, un fanatico aggrappato ad una visione del mondo che non ha supporto nelle evidenze scientifiche e documentarie.
In effetti alcune persone definite “negazioniste” appaiono proprio così.
Ma io mi sono chiesto: non potrei finire anche io ad essere considerato “un negazionista”, solamente perché su alcune questioni mi trovo dissenziente rispetto alle opinioni prevalenti nel dibattito pubblico? E le fonti su cui io formo ed elaboro il mio pensiero (la Bibbia per esempio o il magistero della Chiesa) potrebbero essere considerate semplicemente a-scientifiche ed io considerato un fanatico o una macchietta, perché come “scientifiche” sono accreditate solo le scienze economiche, sociali o quelle che riguardano la fisiologia della persona?
Se un Paese come l’Olanda, il Belgio o la Nuova Zelanda (ultima della serie) sostenesse sensato e conveniente promuovere l’eutanasia, o addirittura l’eutanasia infantile, considerando non degna di essere vissuta la vita di alcuni esseri umani; o la Danimarca, piuttosto che qualche altro Paese dell’area scandinava, promuovesse un’eugenetica di fatto, attraverso una campagna di aborti selettivi su feti considerati a rischio di sindrome di Down o di malformazioni; o se l’Italia sostenesse una politica di chiusura all’accoglienza di persone in difficoltà e di respingimenti di persone che chiedono asilo perché in fuga da guerre e carestie; … insomma se in tutti questi casi io avessi un’idea diversa, formata su fonti che io considero affidabili ancorché bollate come non scientifiche, un’idea e una posizione che si colloca in contrasto con la mentalità comune o della maggioranza, potrei essere considerato semplicemente un negazionista e così relegato nella schiera dei fanatici il cui pensiero non è degno di essere considerato, piuttosto compatito?
Non difendo e non sostengo affatto le posizioni che oggi infervorano il dibattito riguardo l’esigenza di una prevenzione al diffondersi del virus Covid-19 o della necessità dei vaccini.
Ravviso solamente il pericolo di un abuso del termine “negazionista” attribuito a chiunque abbia un’opinione fortemente discordante con quella della maggioranza, perché potremmo trovarci tutti relegati in questa categoria che, anche in una società che presume di essere democratica, rappresenta uno stigma di esclusione dalla possibilità di essere ascoltato. A me personalmente dispiacerebbe moltissimo e lo considererei un’ingiustizia.
Una società veramente democratica invece, attraverso un dialogo rispettoso, cerca di porsi in ascolto di tutte le posizioni, per individuare il maggior bene possibile da perseguire insieme, senza barricate, senza complottismi, valorizzando quanto di meglio ognuno esprime, ascoltando le preoccupazioni che guidano una persona ad assumere determinate posizioni, senza stigmatizzarlo pregiudizialmente.
Mentre la storia ci ha consegnato esempi eccellenti di persone che hanno lottato contro un pensiero comune diffuso, consentendo, tramite il loro operato, un progresso a tutta l’umanità (penso a Galileo Galilei, a Mohandas K. Ghandi, a Martin Luther King, a Francesco d’Assisi) nonostante le durissime opposizioni che hanno dovuto subire, oggi rischiamo lo stesso meccanismo di esclusione appoggiandoci ad altri dogmatismi, per lo più di carattere scientifico. La storia ci ha insegnato che alcuni oppositori dissenzienti, in realtà si sono rivelati dei profeti; coloro che li hanno ascoltati, nonostante la fatica richiesta nel cambio di prospettiva, ne hanno goduto; coloro che si sono loro opposti sono stati considerati dei persecutori ottusi (dei negazionisti?).
Trascrivo qui un commento che ho ricevuto via messaggio WA da un’amica scienziata che ringrazio.
Buongiorno, ho letto con il solito piacere e interesse il tuo blog, Mi permetto di dissentire sull’accostamento del termine dogma al termine scienza, più che di dogmatismo scientifico sarebbe corretto parlare di dogmatismo scientista, la scienza é ontologicamente (se si può dire) antidogmatica Buona giornata!