Messa di saluto alla comunità di Santarcangelo
I cambiamenti non piacciono quasi a nessuno, soprattutto quando si diventa un po’ grandi. Tutto ci sembra difficile nel cambiare. Anche se sappiamo che nel cambiamento c’è del buono, preferiremmo rimanere nella nostra posizione.
Lo dice anche Gesù nel Vangelo: «Nessuno che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: «Il vecchio è gradevole!» (Lc 5,39).
Ma i cambiamenti ci sono nella vita, sono ineluttabili: noi siamo persone in continuo cambiamento.
Di fronte ad essi possiamo reagire in due modi: con la nostalgia o con la fiducia.
La nostalgia la conosciamo bene: genera un senso di angoscia, un senso di precarietà che porta alla depressione, che ci fa perdere il gusto di ogni cosa buona, il valore di ogni cosa bella. Abbandonarsi alla nostalgia non porta alcun vantaggio, anzi diventa un’esperienza di morte.
La fiducia, invece, ci apre alla speranza; non elimina affatto la fatica, ma ci fa guardare oltre: come la donna che partorisce (è un altro esempio di Gesù); essa supera il dolore lancinante delle doglie del parto con la gioia della nascita del figlio.
In questi giorni il Signore viene per misurare la nostra fede.
Come alla fine di marzo, durante l’apice dell’epidemia in Italia, in quel fortissimo momento voluto dal Papa, celebrato nella piazza di san Pietro completamente deserta, il Vangelo ci ha posto la domanda della fede: Perché avete paura?, in questa domenica, che segna per noi un passaggio, il Signore ci rassicura: Non abbiate paura!
Lo dice a me: non avere paura Andrea, perché continuo a custodire il tuo cammino; ovunque andrai io sarò con te, come ho promesso ad Abramo, a Mosè, a Davide, a Maria. Come Gesù ha promesso ai suoi apostoli: io sarò con te e, se tu mi segui, porterò a compimento l’opera che ho iniziato in te quando ti ho chiamato a seguirmi. Sarò con te a Bologna come sono stato con te a Santarcangelo e in tutti i luoghi dove hai sperimentato la mia grazia; io avrò cura di te, renderò fruttuoso il tuo impegno: non avere paura!
Lo dice alla comunità parrocchiale di Santarcangelo: non abbiate paura perché ho cura anche di voi. Anche se uno dei vostri preti parte, un altro molto bravo arriva e altri tre preti, che vi conoscono bene e che vi vogliono molto bene, rimangono con voi. Non abbiate paura: riconoscete il bene che c’è tra voi; approfittate di questo passaggio per crescere nella responsabilità. Fate crescere il bene che è stato seminato tra voi da tante persone e continuerete sicuri sul cammino della vostra vita. Non abbiate paura!
Lo dice alla nostra città, in questo momento di crisi economica e sociale: non abbiate paura perché il Padre vi dona il necessario per vivere. Avete sperimentato la solidarietà nei momenti dell’isolamento; siete stati capaci di riscoprire i vicini di casa, di aiutarvi gli uni con gli altri; nessuno è stato lasciato solo. Non abbiate paura! Forse dovrete rinunciare a qualcosa di non essenziale; forse dovrete imparare a vivere una vita più sobria, ma se vi aiuterete gli uni gli altri, supererete questa situazioni di difficoltà. Non abbiate paura!
In questo giorno in cui ci salutiamo, questo invito del Signore è di grande consolazione per tutti noi. Se oggi siamo qui è perché, per sua grazia, abbiamo sperimentato qualcosa di bello insieme. Solo quattro anni fa non ci conoscevamo e ora sentiamo che è difficile separarci: è un vero miracolo del Signore.
Io devo ringraziare il Signore per questo breve tempo che ho vissuto tra voi, perché davvero ho sperimentato cose belle ed ho incontrato persone che si lasciano coinvolgere in proposte impegnative, persone che vogliono fare sul serio. Ringrazio il Signore perché in questi anni ci ha fatto sperimentare che vivere secondo la parola del Vangelo porta frutto. E’ un privilegio l’averlo sperimentato, perché ci consente di proseguire con fiducia nella sequela del Signore.
Un grazie particolare ai preti di questa comunità per la fraternità che abbiamo vissuto. Un grazie a tutti coloro con cui in modo diverso ho condiviso il servizio a questa comunità. Grazie a tutti coloro che benevolmente mi hanno dimostrato stima. Grazie perché è stato bello essere con voi, sebbene per poco tempo.
Voglio chiedere perdono per ogni disattenzione, per ogni superficialità, per ogni chiusura. Voglio chiedere scusa se ho fatto soffrire delle persone: non era mia intenzione. Voglio chiedere scusa se qualcuno non si è sentito accolto. Voglio chiedere scusa se qualcuno si è sentito dimenticato. Spero possiate perdonarmi.
Vi lascio quattro piste di lavoro e di impegno che possono aiutarvi a proseguire quanto abbiamo vissuto insieme.
– Vi chiedo di continuare ad essere una comunità accogliente soprattutto verso le famiglie più giovani, quelle che si affacciano alla porta della chiesa e domandano permesso con domande un po’ confuse, ma con il desiderio di essere ascoltate. Penso alle famiglie che chiedono il battesimo per i loro figli, alle famiglie dei bambini e dei ragazzi della catechesi, alle famiglie provate da qualche situazione di fragilità e di dolore: possano trovare aperta la porta della parrocchia e possano sentirsi accolti con cordialità. E’ importante impegnarsi con i bambini, con i ragazzi e con i giovani; ma la sfida della fede e il futuro della comunità cristiana in questo territorio e per questa comunità si gioca nel dialogo con gli adulti e con le famiglie. Accogliete questa sfida.
– Vi chiedo di continuare a sostenere il percorso di accoglienza delle famiglie di Sheik Abdo e di Iftikar, ora ancora più che all’inizio. Questa accoglienza non fa bene solo a loro, che hanno ancora molto bisogno del nostro aiuto, ma fa bene anche a noi per non rinchiuderci nel nostro piccolo mondo di problemi. E’ vero che da tre mesi a questa parte siamo tutti più poveri, ma possiamo continuare a condividere il nostro poco con chi è stato accolto in mezzo a noi. Questa è un’eredità che, consapevolmente, ci ha lasciato don Giuseppe ed è un’eredità che lascio anche io a voi; come don Giuseppe alla comunità di san Vito anche io vi chiedo di considerarlo un dono e non un problema da gestire, come qualcosa che vi fa bene e non come una grana da risolvere.
– Vi chiedo di continuare una presenza feconda nella vita della città, non per interessi di parte, non per esercitare un potere, ma per essere lievito, sale e luce, secondo la parola del Vangelo. Una comunità cristiana che non ha nulla da dire e da proporre alla città in cui vive, rischia di essere considerata un elemento di folclore nelle feste o una reliquia del passato. Ci sono delle questioni su cui è doveroso per la comunità cristiana scendere in campo per contrastare la cultura dell’indifferenza e dello scarto che sembra dilagare. Il nostro parlare ed agire, però, sia fatto con gentilezza e con autentica disponibilità al dialogo: il mondo non ha affatto bisogno di altri soggetti che urlano e strepitano contro qualcuno. Sono tanti gli ambiti in cui ci sentiamo interpellati e provocati: il sostegno alla natalità; la difesa della dignità delle persone in ogni situazione di vita, in particolare di coloro che sono più fragili; l’accoglienza generosa e prudente verso coloro che sono vittime della guerra, della fame, dei cambiamenti climatici; l’impegno per lo sviluppo dell’ecologia integrale, secondo l’insegnamento della Laudato sì; l’impegno per la difesa della legalità e della giustizia sociale; .. sono tutti ambiti che ci devono trovare impegnati per testimoniare il Vangelo lì dove la dignità della persona è minacciata. Questo impegno non è estraneo alla missione della Chiesa, perché, se annunciamo, attraverso il Vangelo, che gli uomini sono chiamati a vivere da figli di Dio, allo stesso modo ci sentiamo responsabili che gli stessi uomini possano essere riconosciuti nello loro dignità.
– Vi chiedo, infine, di verificarvi sulla fecondità vocazionale della nostra parrocchia. Una comunità che non genera vite ispirate al Vangelo è una comunità sterile. Una comunità che vive seriamente secondo la parola del Vangelo, è una comunità generatrice di vite illuminate dal Signore, generatrice di storie di vita che divengono la scrittura vivente del Vangelo. Perché questo accada occorre che l’esperienza di vita cristiana circoli in modo vivace tra voi grazie ad un ascolto abbondante della Parola di Dio, ad una preghiera significativa, che sia risposta personale alla Parola ascoltata, ad vita fraterna espressione della comunione eucaristica, ad una carità operosa, testimonianza di un amore che abbraccia il mondo intero. Non c’è bisogno di essere una comunità perfetta, ma occorre essere una comunità cristiana che vive secondo quanto il Signore ci ha insegnato, con il coraggio di riformarsi non per seguire le mode, ma per essere sempre più fedeli a quanto il Signore ci domanda in questo tempo.
Oggi è la prima volta dall’inizio dell’epidemia che ci ritroviamo numerosi intorno all’altare del Signore. Molti hanno vinto le reticenze e si sono sentiti chiamati ad essere presenti. Alcuni sono connessi con noi tramite la rete, perché abbiamo imparato ad utilizzare questa modalità per rendere la nostra comunità ancora più inclusiva. Molti altri mancano, per motivi assolutamente leciti, e sono per noi il richiamo a non ridurre la comunità a quelli che conosciamo, ma a pensare che ci sono sempre altri che, in modo diverso, si sentono partecipi di questa esperienza, pur vivendola in modo differente.
Ora ci affidiamo reciprocamente alla misericordia di Dio, forti della rassicurazione che oggi ci arriva dalla sua stessa voce. Non avremo paura Signore se tu rimani con noi: manifesta la tua presenza, apri i nostri occhi e il nostro cuore perché possiamo riconoscerti e seguirti dovunque i tuoi passi ci condurranno.
Se tu sei con noi, non avremo paura.
Buona strada Andrea….e torna un giorno
Il Signore ti mostri il suo volto e ti benedica.
Buona vita Andrea.
Caterina e Doriano
Grazie ad entrambi