Mi ricordo bene: era domenica 1 marzo 2020.
Per la prima volta in vita mia accedevo ad una piattaforma di video conferenza (avevo usato Skype solo raramente): grande imbarazzo, difficoltà tecniche, senso di disagio, un nuovo galateo da imparare …
Sono passati poco più di 100 giorni e le piattaforme di video conferenza sono diventate uno strumento abituale non solo per i giovani e gli studenti, ma anche per gli adulti e i preti.
Nelle settimane passate su queste piattaforme abbiamo fatto di tutto: giocato, celebrato, parlato di cose importanti, organizzato veglie di preghiera, …non potevamo fare diversamente… ci siamo adattati.
Ora però sta accadendo un fatto curioso: data la possibilità di incontrarsi in presenza, di poter uscire e, con alcune attenzioni, di potersi vedere come si è sempre fatto prima dell’1 marzo 2020, le persone, che durante le settimane passate dichiaravano la stanchezza per le riunioni a distanza, ora fanno fatica ad abbandonare la comodità dello strumento per ritornare all’incontro dal vivo, che è più bello, ma un po’ più faticoso.
Un incontro vissuto dal vivo richiede di uscire di casa, di andare altrove, di dedicare del tempo solo all’incontro; in video conferenza, oltre alla comodità del rimanere in casa, si potevano fare contemporaneamente altre cose…
Occorre prendere sul serio questo passaggio. Il tempo dell’isolamento ci ha mostrato modalità nuove per poterci incontrare, per rendere partecipi di esperienze molto belle altre persone che erano distanti o, per motivi diversi, sono relegate in casa.
Dobbiamo trovare un nuovo equilibrio che non ci faccia perdere l’inclusività dello strumento di partecipazione a distanza e, contemporaneamente, non ci faccia perdere la significatività di un incontro in presenza. E’ una nuova sfida.
Dice il Vangelo che “ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52).
Il Signore ci conceda questa sapienza e ci custodisca da ogni eccessiva semplificazione.