Questa mattina (4 aprile 2020), nell’omelia della messa, papa Francesco ha proposto una bellissima catechesi su come funziona il “processo” della tentazione, su come esso si espande e prende spazio e potere in noi.
E’ un meccanismo che sarebbe importante riconoscere, perché sarebbe importante bloccarlo sul nascere, prima che si espanda in noi e venga a contaminare la nostra capacità di riconoscere e scegliere il bene. Questo processo ha tre passaggi.
La tentazione nasce, ricordava il Papa, da un pensiero che si oppone alla volontà e alla legge di Dio, ma che possiede un suo fascino, presenta un immagine di bene; è qualcosa di desiderabile; non si presenta come un male o una cosa disgustosa; non spaventa, non intimorisce, ma piuttosto gratifica.
Il secondo passaggio è quello che prevede il coinvolgimento di altri; la tentazione non è un pensiero che rimane in me, ma che mi porta a parlare per confrontarmi, per cercare alleati, per trovare persone che mi confermino nella positività di quel pensiero e minimizzino la sua problematicità rispetto al fatto che si oppone alla volontà di Dio e al bene. Attraverso il mio “dire”, do forma al mio pensiero, comincio a renderlo concreto e reale.
Il terzo e ultimo passaggio della tentazione, prima ancora che divenga atto agito, è – dice papa Francesco – la giustificazione, di solito in forma collettiva. Non sono più capace di riconoscere l’ambiguità e il male che quel pensiero già condiviso con altri manifesta, ma, attraverso il passaggio della giustificazione, esso diventa addirittura un bene possibile e auspicabile, perché conveniente. Diceva Caifa, sommo sacerdote, nel brano di vangelo di questa mattina: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!» (Cfr. Gv 11). E’ conveniente! Ecco la giustificazione a cui segue la deliberazione dell’omicidio.
La tentazione ha concluso il suo processo: è divenuta una decisione.
In ogni fase di questo percorso ci si poteva fermare, si potevano ricuperare i punti di riferimento corretti, ma occorreva invertire la rotta e ritornare ad affermare, con sincerità e un po’ di coraggio, che cosa sia bene e cosa sia male, professando la nostra fede che “solo Dio è buono!” (Cfr. Mc 10,18) e desidera il nostro bene; che ciò che ci allontana da lui e dalla sua volontà non è mai un bene per noi. Questo è il processo della conversione che si fonda sulla fede ed è sostenuto dalla volontà!
Se ci pensiamo, questo processo, così descritto, accade molte volte, sia a livello personale che a livello sociale. Qualcuno ha imparato a tradurlo in una strategia culturale e politica: il processo è il medesimo.
C’è un pensiero, una parola per i più impensabile e indicibile, che comincia a circolare, ad essere detta, a diventare parola comune semplicemente perché ripetuta sempre più di frequente: eutanasia, aborto, eugenetica, guerra preventiva, respingimenti, razza … e ciò che sembrava impensabile e ovviamente indicibile, piano piano diventa accettabile, si può dire e comincia a divenire oggetto di confronto e di discussione.
Arrivare alla giustificazione è facile: il male ha sempre il suo fascino e c’è sempre qualcuno che lo trova conveniente, non fosse altro perché, in molte circostanze è evidente che fare il bene richiede molto più impegno e fatica (gli esempi si potrebbero sprecare).
Dalla giustificazione alla deliberazione il passaggio è veloce; ormai è fatta! Serve solamente l’ultimo gradino ed il male si è concretizzato attraverso un processo di gestazione lento, ma efficace. Lo stesso della tentazione nel nostro cuore.
E’ molto importante riconoscere come accadono questi processi, perché noi abbiamo la libertà personale e la responsabilità democratica di bloccarne lo sviluppo quando riconosciamo che essi conducono al male. Occorre la sincerità del cuore, come dice Davide nel Salmo 50, perché il cuore, se è sano e puro, se non è contaminato da interessi egoistici, sente dove abita il bene e non si inganna.
Crea in noi o Dio un cuore puro, rinnova in noi uno spirito saldo (Cfr. Sal 50) e, soprattutto, non abbandonarci nella tentazione, ma liberaci dal male (Cfr. Mt 6).