Oggi è il 21 marzo, primo giorno di primavera.
In epoca pre-cristiana questo giorno segnava l’inizio del nuovo anno (ne troviamo ancora la traccia nel nome dei mesi finali dell’anno che sono numerati a partire dalla primavera: settembre, ottobre, novembre, dicembre, rispettivamente mesi settimo, ottavo, nono e decimo). Tutto intorno a noi si risveglia e ci dice che è terminato il tempo dell’inverno e inizia una vita nuova.
Noi invece, a causa dell’emergenza sanitaria, ci troviamo socialmente e esistenzialmente ancora nel pieno dell’inverno. Proprio ieri sera il Governatore della nostra Regione – come era previsto – ha inasprito le restrizioni per contenere il contagio. Ci sentiamo sempre più limitati e oppressi da questa situazione; siamo chiamati a resistere alla furia di questa situazione, a contrastare tanti segnali che vorrebbero deprimerci e rattristarci.
In questo tempo abbiamo bisogno della profezia, abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a vedere il futuro, quello che ci attende; a sognarlo, a pensarlo, a progettarlo come un tempo nuovo che abbiamo la possibilità di cominciare a preparare, per non limitarci a vivere nel contrasto alle difficoltà del tempo presente.
Ritorno ancora ad evocare il tempo dell’Esilio di Israele.
Dopo che i profeti, per lungo tempo, hanno richiamato il popolo di Dio a compiere un percorso di consapevolezza, per comprendere che l’Esilio era un’azione purificatrice di Dio, gli stessi profeti hanno accompagnato il popolo ad accogliere la promessa di Dio sul futuro che li attendeva. Così per esempio Isaia in un testo famoso che leggiamo nel tempo dell’Avvento:
“Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati” (…)
Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion!
Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme.
Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: “Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”. (Cfr. Is 40)
Oppure il profeta Ezechiele (nel cap. 36), il profeta del tempo dell’Esilio:
Ora, figlio dell’uomo, profetizza ai monti d’Israele e di’: Monti d’Israele, udite la parola del Signore. Così dice il Signore Dio: (…) voi, monti d’Israele, mettete rami e producete frutti per il mio popolo Israele, perché sta per tornare. Ecco, infatti a voi, a voi io mi volgo; sarete ancora lavorati e sarete seminati. Moltiplicherò sopra di voi gli uomini, tutta quanta la casa d’Israele, e le città saranno ripopolate e le rovine ricostruite. Farò abbondare su di voi uomini e bestie e cresceranno e saranno fecondi: farò sì che siate popolati come prima e vi elargirò i miei benefici più che per il passato e saprete che io sono il Signore. Ricondurrò su di voi degli uomini, il mio popolo Israele: essi vi possederanno e sarete la loro eredità e non li priverete più dei loro figli (…) Io, il Signore, l’ho detto e lo farò.
Questo non è solamente il tempo della resistenza, ma anche il tempo della profezia. Mentre ascoltiamo il nostro cuore, in questo tempo ampio che si è liberato da tanti impegni, abbiamo la possibilità e, forse, anche il dovere, di pensare il nostro futuro, di sognarlo e di progettarlo diverso da quel passato che, nostro malgrado, ci ha condotto fino a qui.
Il pensare al nostro futuro ci consente di utilizzare questo tempo come un tempo fecondo; possiamo confrontarci in famiglia, con gli amici, per dirci: come ripartiremo? Quali saranno i primi passi che faremo quando ci sarà concessa la libertà di ritrovarci, di riprendere la nostra vita? Cosa ci ha insegnato questo tempo di pausa forzata? Come vogliamo essere responsabili del tempo che vivremo dopo che questa furia sarà trascorsa?
E’ una grande possibilità che ci viene concessa: quella di trasformare questo tempo in un tempo di gestazione per la realtà nuova che potremo vivere insieme.
Come due genitori che attendono un bimbo, pur vivendo le limitazioni che il tempo della gravidanza richiede e impone, usano quel tempo per sognare e progettare ciò che avverrà dopo la nascita, così può essere anche per noi.
Consiglio a tutti di prendere un quaderno e cominciare a scrivere quello che si desidera per il tempo nuovo che verrà, a partire dall’esperienza che tutti stiamo vivendo. E’ un esercizio di resilienza molto importante che possiamo fare personalmente o condividere con altri. Possiamo diventare protagonisti di questo tempo senza subirlo. Possiamo farlo diventare un tempo fecondo.
Dipende da noi come viviamo questo tempo, come dipenderà da noi il futuro che vivremo: possiamo prepararlo.
Sempre belle le tue parole e quelle dei profeti, consolanti e piene di fiducia nel futuro. Prego che si radichino nel mio cuore al momento un po’ spento. Grazie.