L’invito di Gesù è chiaro e famoso: «se non diventerete (non “ritornerete” mi raccomando!) come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3); anche se sembra un po’ naif.
Poi arriva un nuovo virus che, mentre paralizza il mondo, ci rende evidente (parola di medici) che, in questa emergenza globale, coloro che corrono meno rischi sono i bambini, perché il loro sistema immunitario è più pronto a rispondere alle “provocazioni” di questo nuovo agente patogeno.
Non voglio farne un teoria, ma la cosa mi ha incuriosito.
Che sia la “conferma scientifica” delle parole di Gesù?
Rimane il fatto che qualcosa dai bambini possiamo imparare, e possiamo provare a diventare come loro. Non si tratta ovviamente di una regressione allo stato infantile, ma di osservare come possiamo essere più capaci di vivere nel contesto in cui abitiamo.
Cosa caratterizza un bambino, oltre alla reattività del suo sistema immunitario?
La sua capacità di stupore e, evangelicamente parlando, la sua accettazione serena e pacificante della dipendenza dagli adulti, senza la preoccupazione di affermare la propria autonomia e indipendenza.
Forse anche questo ci può aiutare a sopravvivere meglio in questo mondo ai vari virus che minacciano la nostra sopravvivenza e la nostra umanità.
Se pensiamo che sia ingenuo e fuori luogo, possiamo fare un’analisi del nostro stato di vita e di salute, delle patologie che ci affliggono, dell’ansia che ci opprime, … molto di questo dipende dal nostro bisogno di affermare la nostra autonomia e indipendenza.
Riporto un testo del Vangelo che ogni tanto ci fa bene andare a ricuperare:
«Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena». (Mt 6,25-34)
Gesù ci insegna a vivere da figli di Dio, godendo della provvidenza del Padre e liberi dagli affanni della nostra auto affermazione e autonomia.
In alcune lingue (non l’italiano) la parola “bambini” e la parola “figli” si equivalgono; viene utilizzato lo stesso termine. Gesù probabilmente ci invita a vivere da figli (se non diventerete figli), per vivere al riparo dai virus di questo mondo, anche quelli che ci inoculiamo da soli, nella nostra ansia di affermazione e di indipendenza e per entrare nel regno dei cieli, condizione che, a quanto pare, assomiglia più ad una famiglia che ad una corte.
Mi piace concludere questa riflessione un po’ disordinata con un Salmo che amo molto, che, nella sua brevità, mi sembra una bella scuola di vita:
Signore, non si inorgoglisce il mio cuore
e non si leva con superbia il mio sguardo;
non vado in cerca di cose grandi,
superiori alle mie forze.
Io sono tranquillo e sereno
come bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è l’anima mia.
Speri Israele nel Signore, ora e sempre. (Sal 131)
Un “bimbo svezzato” (si ripete due volte) è un bimbo che non ha bisogno di essere allattato, ma si gode gratuitamente l’abbraccio della madre; è “indipendente” nella sua alimentazione, ma non rinnega la bellezza di quell’abbraccio che lo custodisce in braccio alla mamma. Mi sembra un bell’affresco e un bell’invito.
Pensieri più o meno sparsi; collegati tra loro da una suggestione.