Il complesso della Procure di Tambacounda dove siamo ospitati
Sono tornato in Senegal dopo quasi 8 anni e a 17 anni dal mio primo viaggio. La situazione che ho trovato è molto diversa. Per molti versi il Senegal è cresciuto; lo si vede solamente dalla maggiore facilità nel poter viaggiare, dalla condizione delle strade che non hanno niente a che vedere con quelle che ho percorso 17 anni fa.
Non sono venuto come turista, ma ogni viaggio è una provocazione, è una esperienza che richiede apertura di occhi di orecchie e di cuore. Ho pensato di fissare delle immagini che mi hanno colpito, per poterle condividere con coloro che conoscono il motivo di questo viaggio e, in qualche modo, desiderano parteciparlo.
La prima immagine è quella di suor G. una suora francescana polacca che ho incontrato nel mio primo giorno a Dakar. Siamo stati accolti per la notte alla pouponnière, un orfanotrofio che accoglie bambini di età fino ai 2 anni; i bambini sono stati abbandonati dalle famiglie o hanno subito la morte della madre alla loro nascita. Questa suora mi ha colpito perché, degli 80 bambini che la pouponnière raccoglie, fin da quando mi ha incontrato, ha voluto parlarmi di uno solo di loro, come se solo questo bambino fosse il vero motivo per cui lei, da più di 20 anni si spende qui a Dakar.
Suor G. mi ha parlato di F., un bambino con gravi problemi visivi, che non avrà alcuna possibilità di essere adottato, perché le famiglie senegalesi non accolgono in adozione bambini ammalati; la sua unica speranza è quella di essere adottato da una famiglia europea o americana, perché sono le uniche famiglie che possono dare una possibilità di crescita e di sviluppo a questo bambino che presenta notevoli difficoltà.
Mi ha colpito molto l’amore di questa suora per questo unico bambino come se, parlare di lui, fosse l’unica cosa che per lei contasse veramente. È vero che anche per una sola persona vale la pena spendere la propria vita. Tale valutazione supera ogni conteggio economico e assomiglia molto alla proporzione che Gesù cita nel Vangelo quando parla di un pastore che abbandona 99 pecore per dedicarsi alla ricerca di una sola.
Signore, insegnami questa particolare economia.

La seconda immagine che voglio dare e quella di Alba, una donna originaria di Urbino che, per caso, ho incontrato a Dakar. Mangiavamo accanto, nella casa delle suore, e solo dopo qualche minuto che parlavamo in francese, una delle suore presenti, ridendo a crepapelle, ci ha detto che eravamo ambedue italiani.
Alba ha lasciato il suo lavoro in Italia, dopo che l’azienda in cui lavorava è andata in crisi nel 2009, e da dieci anni ha deciso di dedicare le sue competenze amministrative alla gestione di un orfanotrofio nella zona di Mbour, una città abbastanza grande del Senegal. Mi ha molto colpito comprendere come una situazione di crisi, per Alba, è stata l’opportunità per cambiare la propria vita e venire ad abitare in Senegal.
Signore, insegnami a ripartire sempre, senza fermarmi, senza rassegnarmi alle circostanze sfavorevoli. Ponimi in ascolto della tua voce.
La provvidenza ha voluto che ieri sera, arrivando, potessimo trovare tutti i preti della diocesi di Tambacounda riuniti per una sessione di formazione: non capita spesso perché la diocesi è un territorio talmente grande che comprende una estensione pari all’Emilia Romagna e alla Lombardia insieme, per dodici parrocchie in tutto. Grande è stata l’accoglienza per Padre Daniel, dopo quasi un anno dalla sua partenza dalla diocesi per poter cercare delle cure in Italia. Siamo stati accolti in un clima di fraternità presbiterale. Signore aiutami a custodire la fraternità con coloro che tu mi poni accanto.
Piatto comune. Si mangia con le mani. Le forchette sono inutili
Qui fa molto caldo. Durante il giorno la temperatura è superiore ai 35 gradi. La vita procede lenta come di solito. Questa mattina abbiamo visitato il santuario diocesano di Gouloumbou, dove abbiamo pregato per la diocesi di Rimini e per quella di Tambacounda.
Questi giorni per me sono anche giorni di riflessione e di preghiera. Il fatto di non avere ansie per obiettivi da realizzare, di non aver progetti da elaborare, di non avere obblighi da osservare, mi concede di guardare con attenzione le cose e le persone intorno a me e dedicare un po’ di tempo alla preghiera. Dopo la sfacchinata dei due giorni di viaggio, comincia un tempo di contemplazione e di ascolto che vorrei condividere con coloro che accompagnano questo viaggio.