“Canto il giorno e il tramonto”. Il “dia de los muertos” in Messico e in Italia
Intervento presso la Biblioteca A. Baldini – 30 ottobre 2019
Nella nostra cultura attuale il tema della morte è spesso censurato o ironizzato o esorcizzato, ma difficilmente lo si coglie come un’opportunità per confrontarsi sul senso della vita che, nel confronto con il mistero della nostra morte, chiede di esser esplicitato… Perché il vero tema è la vita che si ribella dall’essere considerata semplicemente e banalmente tempo per il consumo di beni ed esperienze, ma chiede di essere riconsiderata come un mistero grande che ci precede e ci succede… una vita che, per essere compresa pienamente, ha bisogno di essere collocata in un prima e in un dopo.
Il tema della morte ci interpella sulla nostra concezione di uomo, perché, mentre l’evento della morte ci accomuna, il senso che vi attribuiamo ha una grande influenza su come noi interpretiamo la nostra vita e la vita delle persone che ci sono accanto. Ancora una volta siamo chiamati a confrontarci sulla grande questione che – in ambito cattolico – è definita come la “questione antropologica; una questione cruciale perché coinvolge il concetto stesso di uomo, con grandi conseguenze sul piano del dialogo interreligioso, culturale, sociale e politico (pensiamo, solo per inciso, a dibattito attuale sul fine vita).
L’evento della morte è vissuto soprattutto in riferimento alle nostre relazioni, perché è lì che la morte ci colpisce con la sua violenza e la sua apparente ineluttabilità (più difficilmente siamo disponibili a riflettere sulla nostra morte); nelle relazioni famigliari, quelle delle persone che ci hanno accolto con un sorriso fin dai nostri primi respiri su questa terra, le persone che ci sono sempre state per noi (genitori, nonni, fratelli e sorelle), e le relazioni alle quali abbiamo scelto di legarci nell’amore e nell’amicizia, trasformando incontri occasionali in grandi storie che hanno cambiato la nostra vita. È proprio lì che la violenza della morte ci aggredisce. Per questo è molto interessante parlare insieme di come viviamo il rapporto con coloro che sono morti.
La fede cristiana, che nasce dal Vangelo e dall’evento pasquale di Cristo, ci consegna una visione dell’uomo proprio a partire dall’annuncio della risurrezione che impatta in modo molto forte proprio su questo tema della morte. Vi propongo di leggere velocemente alcuni testi dal Nuovo testamento che ritengo particolarmente importanti per comprendere il pensiero cristiano sul rapporto con i defunti.
Dal vangelo di Giovanni (cap 14)
Ci troviamo in quello che viene chiamato il discorso di addio che Gesù rivolge ai suoi discepoli nell’ultima cena. E’ una sorta di grande testamento spirituale che comprende quattro capitoli del Vangelo di Giovanni. Gesù ha già annunciato la sua morte ed è consapevole che il suo tempo su questa terra sta per compiersi.
Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via”. Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?”. Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”.
Dalla prima lettera ai Tessalonicesi (cap 4)
La prima lettera ai Tessalonicesi, secondo alcuni biblisti, è il testo più antico del Nuovo testamento, databile intorno all’anno 50/51 dC. La lettera è un testo disteso, non polemico. Tessalonica è una delle comunità evangelizzate da Paolo, Silvano e Timoteo.
Nella prima comunità c’era la convinzione che il ritorno glorioso del Signore alla fine dei tempi sarebbe stato imminente. In questo contesto Paolo scrive le parole che seguono.
Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti. Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.
Dalla prima lettera ai Corinzi (Cap. 15)
La comunità di Corinto era molto vivace ed ha dato a Paolo qualche preoccupazione. Era anche una comunità molto formata e Paolo consegna loro il testo più importante del NT sulla fede nella risurrezione dei morti. Noi ne leggiamo solo l’inizio e la fine.
Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè
che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture
e che fu sepolto
e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture
e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. (…)
Ecco, io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Essa infatti suonerà e i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità. Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
La morte è stata inghiottita nella vittoria.
Dov’è, o morte, la tua vittoria?
Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?
Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
Alcuni elementi di riflessione da questi testi (scelti fra molti altri)
1. C’è un elemento fondamentale che caratterizza la fede del cristiano che è la risurrezione di Gesù, la sua vittoria sulla morte. Questo evento inedito nella storia dell’umanità, che per tanti è stato difficile da accogliere, a causa dell’assoluta estraneità all’ordine naturale delle cose, rappresenta per i cristiani come un nuovo inizio per l’umanità, una nuova creazione caratterizzata proprio dalla possibilità di vincere la morte e di considerare la morte un passaggio a quella vita che diviene partecipazione della vita di Dio. Ciò avviene per un intervento diretto di Gesù che, quando verrà nella gloria, compirà l’opera della creazione distruggendo il male e la morte e rendendoci partecipi di quella vita per la quale siamo stati creati.
2. Per i cristiani questa possibilità di partecipare alla risurrezione non riguarda solo ciò che accadrà dopo la nostra morte, ma trasforma il nostro modo di vivere la nostra vita terrena: essa ci motiva nell’impegno, nella dedizione, nell’offerta di noi stessi, nel vivere le relazioni sapendo che esse sono custodite (cfr. 1Cor 15,57-58).
3. L’esperienza della morte, per i cristiani, rappresenta come una nuova nascita. Per questo, secondo alcuni autori, potremmo considerare questa vita come un lungo tempo di gestazione che, proprio come la gestazione pre-natale determinerà “la qualità della nostra vita” dopo questa nuova nascita.
4. Secondo la dottrina cattolica, “dopo la morte sopravvive l’io personale, dotato di coscienza e di volontà. Se si vuole chiamarlo “anima”, bisogna intendere questa parola alla maniera biblica. Esso perde il corpo, cioè l’insieme dei suoi rapporti sensibili con il mondo naturale e umano, ma continua a sussistere nella sua singolarità, in attesa di raggiungere la completa perfezione, al termine della storia, con la risurrezione” (Catechismo Adulti, 1195).
C’è quindi un “doppio passaggio” dopo la morte, che è molto importante comprendere perché sostiene tutta la prassi rituale e devozionale cristiana per i defunti: nel primo passaggio il corpo muore, ma l’anima sopravvive e, come afferma Benedetto XII nella Costituzione Benedictus Deus del 1342, “è in cielo, con Cristo, associata agli angeli santi”, a meno che non abbia bisogno di purificazione per portare a compiemento la sua adesione a Cristo. Alla fine dei tempi, quando il Signore compirà il suo Regno e ogni uomo diventerà partecipe della risurrezione del corpo, si realizzerà la vittoria definitiva sulla morte e tutta la creazione sarà redenta (Cfr Rom 8).
I riti e le preghiere legate ai defunti tengono presente di questa doppia prospettiva: domandano che l’anima del defunto divenga partecipe della beatitudine del cielo e che divenga partecipe della risurrezione alla fine dei tempi.
Dobbiamo ammettere, però, che nella coscienza “della gente” la prospettiva più importante, quella della risurrezione finale, risulta piuttosto sfumata e i più sembrano molto concentrati sulla fase intermedia che, per moltissimi, è già quella definitiva.
Propongo qualche testo preso dal Rito della esequie, il testo ufficiale con cui la Chiesa accompagna i defunti nel momento del funerale, professando la sua fede.
In questi testi di preghiere le due dimensioni si alternano e si completano: la prima dimensione è quella in cui si invoca da Dio la partecipazione alla gloria e alla pace nel cielo; la seconda è quella che invoca da Dio l’adempimento della promessa di risurrezione.
Dal “Rito delle esequie”
O Dio, in te vivono i nostri morti
e per te il nostro corpo non è distrutto,
ma trasformato in una condizione migliore;
ascolta la preghiera di questa tua famiglia,
e fa’ che il nostro fratello N.
sia accolto dalle mani degli angeli
e condotto in paradiso con il tuo fedele patriarca Abramo,
in attesa della risurrezione,
nel giorno del giudizio universale;
e se da questa vita
rimane in lui qualche traccia di peccato,
il tuo amore misericordioso lo purifichi e lo perdoni.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Dio, Padre misericordioso,
tu ci doni la certezza che nei fedeli defunti
si compie il mistero del tuo Figlio morto e risorto:
per questa fede che noi professiamo concedi al nostro fratello N.,
che si è addormentato in Cristo,
di risvegliarsi con lui nella gioia della risurrezione.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
La celebrazione della messa in suffragio dei defunti
Per antica tradizione, durante la celebrazione della messa, si ricordano i defunti e si implora il dono della beatitudine per loro. La celebrazione della messa è un grande momento di comunione che travalica i limiti dello spazio e del tempo e ci porta alla presenza di tutti coloro che ci hanno preceduto nel segno della fede e dormono il sonno della pace.
Per loro chiediamo al Signore la beatitudine, la luce e la pace.
Per il valore espiatorio del sacrificio di Cristo, che nella messa viene celebrato, invochiamo il compimento della purificazione per tutti i defunti, perché possano contemplare la gloria di Dio.
Padre Cesare Giraudo, uno dei più grandi liturgisti italiani, afferma:
“Quando la preoccupazione per i nostri Defunti ci angoscia, giacché vorremmo conoscere con sicurezza la loro sorte, proprio allora dobbiamo interrogare la fede. Da una parte essa ci ricorda che, anche se l’inferno esiste, non siamo autorizzati a collocarvi positivamente alcuno. D’altra parte solo per i Defunti canonizzati essa dichiara l’avvenuto ingresso nella Chiesa trionfante. Per tutti gli altri Defunti la fede, attraverso il magistero della liturgia, ci invita in pari tempo a vederli nella casa del Padre e a pregare per essi. Siccome possono aver bisogno dei nostri suffragi, a noi incombe l’amorevole debito di carità di pregare indistintamente per tutti i nostri morti, domandando per essi quella stessa trasformazione escatologica nel corpo mistico che, ai ritmi delle nostre messe, non ci stanchiamo di domandare per ognuno di noi.” (Stupore eucaristico, p.132)
Le preghiere per i defunti e la visita al cimitero
Nella tradizione popolare è molto radicata la visita ai cimiteri nel giorno del 2 novembre (commemorazione di tutti i defunti) e in altre occasioni. L’attenzione e la cura per i luoghi di sepoltura indicano il nostro affetto per le persone che ci hanno preceduto, sono l’occasione per un ricordo grato al Signore e per una preghiera di suffragio. Il cimitero – per noi – è un luogo di riposo temporaneo per i defunti, in attesa della risurrezione finale. Dice ancora il rito della esequie nella preghiera di benedizione di un luogo di sepoltura:
Signore Gesù Cristo,
che riposando per tre giorni nel sepolcro,
hai illuminato con la speranza della risurrezione
la sepoltura di coloro che credono in te,
fa’ che il nostro fratello N. riposi in pace
fino al giorno in cui tu, che sei la risurrezione e la vita,
farai risplendere su di lui la luce del tuo volto,
e lo chiamerai a contemplare la gloria del paradiso.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.
Il cimitero non ha solo una valore funzionale, ma è il luogo della memoria collettiva in cui tutti possono ricordare e pregare per coloro che sono defunti.
La Chiesa, anche in caso di cremazione, chiede che le ceneri siano custodite nel cimitero; non è ammessa la dispersioni delle ceneri perché contraria alla fede nella risurrezione e al dovere di memoria della singola persona; scoraggia fortemente la custodia delle ceneri nella case private per richiamare all’esigenza di una memoria comunitaria e per il rispetto dei resti mortali del defunto.
La tradizione della Chiesa ci porta a pensare che i nostri defunti, non solo abbiano bisogno delle nostre preghiere, ma siano loro stessi a intercedere per noi presso Dio per sostenerci nelle vicende della nostra vita e aiutarci ad essere fedeli alle promesse del nostro battesimo.
In Cristo tuo Figlio, nostro salvatore
rifulge a noi la speranza
della beata risurrezione,
e se ci rattrista la certezza di dover morire,
ci consola la promessa dell’immortalità futura.
Ai tuoi fedeli, o Signore,
la vita non tolta, ma trasformata;
e mentre si distrugge la dimora
di questo esilio terreno,
viene preparata un’abitazione eterna nel cielo.
Per questo mistero di salvezza,
uniti agli angeli, ai santi, (e ai nostri fratelli e sorelle defunti),
cantiamo senza fine l’inno della tua lode.