Una frase del vangelo di oggi non mi lascia in pace.
Gesù dice: “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione” (Lc 12). Questa frase alle mie e nostre orecchie suona stonata!
L’immagine di Gesù che domina nella nostra mente e nel nostro cuore è di colui che è “mite ed umile di cuore” (Cfr. Mt 11); è quella del buon pastore che va a cercare la pecora smarrita e se la pone sulle spalle (Cfr Lc 15); è quella di colui che tutto perdona, che mangia con i peccatori … e facciamo fatica ad incamerare l’evidenza: Gesù è stato e continua ad essere elemento di divisione.
Lo è stato per i Farisei; lo è stato per i suoi discepoli (alcuni se ne sono andati e un paio hanno tradito); lo è stato per tanti nella storia della Chiesa che, per rimanere fedeli a Gesù, hanno subito la persecuzione e la morte; lo è stato per tanti santi e sante che, per seguire Gesù, hanno portato scompiglio nelle loro famiglie (si pensi a Francesco d’Assisi e a Caterina da Siena), nelle loro città e anche nella Chiesa (si pensi a Teresa d’Avila, Giovanni della Croce e – più vicino a noi – a Giovanni Bosco o Pio di Pietrelcina, censurati e addirittura incarcerati dalle autorità ecclesiastiche).
Gesù è elemento di divisione. Quando e perché?
Quando il Vangelo non rimane una cornice di maniera e di buoni sentimenti, ma lo si accoglie come capace di mettere in discussione la vita mia e della realtà in cui vivo. Quando diventa il criterio per giudicare la realtà, per orientare le mie scelte, per spendere le mie risorse.
Se questa divisione o questa tensione non la sperimentiamo nelle nostre comunità, potrebbe essere perché – come ci ricorda spesso il nostro Vescovo – “siamo poco cristiani“, perché il nostro essere cristiani si riduce ad una devozione, a dei buoni sentimenti e a qualche opera buona, ma non incide sulla nostra vita, le nostre scelte e i nostri giudizi. Rischiamo di essere il sale che ha perso sapore e non serve a più nulla (cfr. Mt 5).
Mentre parliamo di divisione, dobbiamo riconoscere che ci sono altri elementi di divisione nella nostra comunità, che poco hanno a che fare con il Vangelo. Alcuni li abbiamo ereditati dalla storia passata (le grandi scissioni ecclesiali con la chiesa di Oriente e il mondo evangelico – protestante), altri sono molto recenti.
Anche se non lo diciamo apertamente, stiamo vivendo in una Chiesa divisa, spaccata dall’adesione a ideologie che esprimono la nostra identità e appartenenza, più che la nostra adesione al Vangelo e alla Chiesa.
Il seguire questo o l’altro leader politico (poco importa se sia di destra o di sinistra), in questo tempo della storia, sta provocando una frattura profonda nelle nostre comunità, perché l’ideologia, gli slogan, sono diventati il nostro criterio di giudizio più che il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa.
Senza pudore ci son cristiani che attaccano pubblicamente e in modo violento i vescovi e il Papa (e ovviamente anche i preti), accusandoli di essere di parte, accusandoli in nome di ideologie che nulla hanno a che fare con il Vangelo di Gesù.
Il problema – è bene dirlo – non è il pluralismo delle idee politiche – assolutamente lecito e salutare in una società democratica – , ma l’ideologia che diventa criterio di giudizio.
Questa divisione, occorre affermarlo, è del tutto diabolica; non ha nulla a che fare con quanto ci indica Gesù nel Vangelo di oggi.
Nelle nostre comunità dovremmo riprendere un dialogo serio sulla realtà a partire dal confronto sul Vangelo, letto alla luce delle testimonianze di vita vissuta che ci rivelano una parola incarnata e non solo proclamata. Questo è il criterio di confronto e di giudizio per il nostro vivere da cristiani!
E se è “inevitabile che avvengano scandali e divisioni” (Cfr Mt 18 e Lc 17), questi avvengano non per l’adesione ad ideologie, ma per la ricerca di una adesione sempre più radicale al Vangelo di Gesù, condivisa e testimoniata nella comunità cristiana.
Facciamo nostro l’invito della lettera agli Ebrei (seconda lettura di oggi): “corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (Eb 12).
Grazie Andrea, oltre agli esempi da te citati di fedeltà al Vangelo, me ne vengono in mente altri incontrati durante la recente settimana di spiritualita’ francescana a Marola: penso a santa Chiara che pur di non farsi riportare a casa dai parenti si aggrappa alla tovaglia dell’altare e scopre il capo rasato; a san Massimiliano Kolbe, che dona la sua vita in cambio di quella di un padre di famiglia nel campo di concentramento di Auschwitz; al piccolo beato seminarista Rolando Rivi, ucciso dai partigiani comunisti a soli 14 anni perché non voleva togliersi la veste talare segno della sua consacrazione a Gesù…
Ma anche, più vicino a noi, alla straordinaria testimonianza di Mario Galasso e della moglie Laura, che dopo aver accolto circa quattro anni fa il giovane senegalese Mamadou, non ci stanno a vederlo diventare irregolare a causa del decreto sicurezza (!), e sono disposti a seguirlo in Senegal con tutta la famiglia se verrà rimpatriato!