Sabato 1 giugno Francesco e Laura hanno celebrato le loro nozze alla Colonnella. Mi hanno chiesto di presiedere il loro matrimonio. Come ho fatto qualche altra volta, scrivo l’omelia che ho proposto nella celebrazione. Un caldo abbraccio amici e buona strada.
Carissimi Francesco e Laura, avete scelto di sposarvi nel giorno della festa dell’Ascensione di Gesù al cielo e avete scelto di non cambiare neppure una lettura di questa celebrazione. La festa dell’Ascensione è una festa un po’ strana e – dobbiamo confessarlo – poco sentita. E’ la festa che dice di un compimento, ma rimanda ad un’attesa. E’ come un film che, dopo un crescendo, sembra essere giunto al lieto fine, ma appena dopo qualche istante, subito rilancia verso un sequel che ci lascia in sospeso.
A noi piacciono i “lieto fine”; allora ci è più facile fare festa!
Ma questa festa è il contesto liturgico in cui voi celebrate le vostre nozze: noi lo riconosciamo come una provvidenza che Dio ci ha fatto e la accogliamo come portatrice di bene.
Ci sono alcune parole chiave nelle letture che abbiamo ascoltato che ci aprono alla comprensione del messaggio che il Signore ci vuole rivolgere oggi. Le parole che mi si sono accese sono: attesa, promessa dello spirito, testimoni e cielo.
Inizio proprio dall’ultima parola, quella che ci dà il contesto della festa dell’Ascensione. Nei testi che abbiamo ascoltato si dice chiaramente che Gesù è asceso al cielo. Il cielo nella tradizione biblica, non è solamente l’atmosfera che circonda il globo terreste, ma è il “luogo” in cui abita Dio. Il cielo è lo spazio che sovrasta la terra e che esprime la trascendenza di Dio.
Fin dall’origine della storia dell’uomo, il cielo è stato oggetto di stupore, sia di giorno che di notte. Molti dicono che il nostro tempo è dominato dalle passioni tristi perché abbiamo smesso di guardare il cielo: la cultura tecnologica ci porta a ripiegarci su noi stessi e la civiltà urbana ci ha privato del cielo nel nostro orizzonte ordinario. Ma l’uomo non può vivere senza vedere il cielo. Il cielo è il l’orizzonte dei desideri ( de – sidera/ dalle stelle) è ciò che anima e orienta il nostro cammino perché ne rappresenta la meta.
D’altra parte nel testo di Atti, gli angeli dicono con fermezza che non possiamo rimanere a fissare il cielo. C’è una tensione da comporre. Il cielo è un orizzonte necessario, ma non ci si può perdere in esso.
Siamo chiamati a vivere un’attesa che è il modo concreto in cui il desiderio e il cielo si traduce nella quotidianità. A noi non piace l’attesa. Ormai è divenuta sinonimo di tempo sprecato. Ma l’attesa a cui siamo invitati dalla Scrittura, non è un tempo vuoto. E’ un richiamo forte e ricuperare il ritmo della quotidianità, del passo che manifesta un avvicinarci progressivo. L’attesa è la “carne dei desideri”, è ciò che ci consente di renderli concreti nel nostro vivere quotidiano.
L’attesa, poi, secondo le letture che abbiamo ascoltato è ripiena di due elementi che la caratterizzano. Essa è portatrice di una promessa di compimento e, contemporaneamente, richiama alla responsabilità di una testimonianza, la testimonianza di Gesù, non semplicemente di valori o ideali.
Cosa significa per voi, che oggi celebrate le nozze, accogliere nella vostra esperienza queste quattro parole chiave?
Prima di tutto vi chiede di essere persone di orizzonti vasti, capaci di desiderare, capaci di pensare in grande. Il cielo è la meta del nostro cammino, è ciò che da senso al nostro vivere quotidiano. Non annichilitevi nella quotidianità delle cose, non rassegnatevi all’andazzo. Soprattutto quando il passo si fa più pesante e, naturalmente, saremmo portati a ripiegarci su noi stessi, sappiate, insieme, alzare gli occhi al cielo per ritrovare su questo vasto orizzonte, il senso del vostro camminare.
Siate anche fedeli alla quotidianità, vivendo quell’attesa del compimento che ci consente di gustare ogni giorno come portatore di bene. Voi, che siete due camminatori, conoscete il gusto e il senso del procedere lenti verso la meta. Questo procedere lento vi conceda di gustare ogni giorno come un dono importante per voi.
Questo procedere quotidiano, non si svolge con le nostre sole forze. Siamo destinatari della promessa di un dono che, secondo le parole di Gesù, è sorgente di forza e di bene.
Oggi questo dono vi viene dato interamente nel sacramento del matrimonio, ma siete, comunque, solamente alla partenza. Questo dono che vi viene dato integralmente, chiede di maturare nella vostra esperienza di vita, trasformando la vostra esistenza in un dono d’amore. Questo dono che ricevete, dunque, rimane una promessa che giustifica l’attesa.
L’ultimo elemento è quello della testimonianza. Voi che siete due educatori, avete imparato che la testimonianza riguarda ciò che viviamo, non ciò che predichiamo. Siate testimoni di Gesù voi che avete scelto di donare la vostra vita per amore. Siate voi stessi quel sacramento che oggi celebrate, sacramento che, senza questo impegno di testimonianza, rischia di ridursi ad una commedia. Siate testimoni di ciò che avete scelto di vivere e, vi possiamo promettere, che nella condivisione con altri il vostro dono si dilaterà oltre le vostre aspettative e i vostri progetti.
A mo’ di mandato, questa perla preziosa della Gaudete et exultate di papa Francesco..
Voglia il Cielo che voi possiate riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la vostra vita. Lasciatevi trasformare, lasciatevi rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la vostra preziosa missione non andrà perduta. Il Signore la porterà a compimento anche in mezzo ai vostri errori e ai vostri momenti negativi, purché voi non abbandoniate la via dell’amore e rimaniate sempre aperti alla sua azione soprannaturale che purifica e illumina. (Cfr. GE 24)