L’argomento che, insieme alle elezioni europee, domina le prime pagine dei giornali è la possibile fusione di due giganti del mercato dell’automobile: FCA e Renault.
In questa vicenda, per un cittadino comune come me, non competente sulle questioni di carattere finanziario o inerenti al mercato globale, ci sono degli elementi degni di riflessione.
– Stiamo parlando di due gruppi industriali con una storia importante e con una identità nazionale molto marcata; quasi che potremmo definirli due “compagnie di bandiera” perché, nel corso della loro storia, hanno visto importanti interventi a sostegno da parte dei rispettivi stati (lo stato francese è proprietario di Renault per il 15%).
– La Francia e l’Italia, pur dicendosi cugini, non hanno goduto di buonissime relazioni sul piano economico e industriale; dalle competizioni sulla produzione vinicola, ai conflitti sulle rispettive grandi acquisizioni (Parmalat o Fincantieri) … diciamo che non ci sono state grandi simpatie o affetti.
Insomma, se si rimanesse a considerare gli elementi di divisione che sono tanti, si direbbe che nulla ci favorirebbe a procedere verso una fusione, ma i nostri super pragmatici capitani d’industria, di fronte alla sfida della globalizzazione, non hanno molti dubbi sulla convenienza di tale fusione. Non rinnegano la storia e neppure le rispettive identità, ma nel proporre questa unione, vedono solamente dei grandi guadagni, conservando l’occupazione (dicono), condividendo le ricerche di sviluppo innovativo e allargando i mercati. Solo pragmatismo.
Questa mattina, ascoltando queste notizie, mi veniva in mente quel brano di Vangelo in cui Gesù richiama i suoi discepoli invitandoli alla scaltrezza.
“Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.” (Lc 16,8)
Nel testo si parla di un amministratore disonesto che – scaltramente – sceglie una via conveniente per cavarsi d’impaccio in una situazione difficile.
Perché noi nella Chiesa facciamo così fatica a comprendere che nell’unione c’è una convenienza? Perché tanta lentezza? Perché tante resistenze a difendere le nostre strutture moribonde? Perché non riconosciamo le convenienze o le sminuiamo?
Forse perché, a differenza di chi deve far quadrare i bilanci ed è responsabile dell’occupazione di migliaia di persone, non comprendiamo la complessità del tempo presente e le sfide che ci stanno di fronte, cullandoci nella illusione di poter conservare indenne quello che il passato ci ha consegnato.
So benissimo che la questione è complessa e che ci sono molte sensibilità, storie, persone, … ma mi pare che la nostra lentezza rischi di auto condannarci sempre di più all’insignificanza.
Donaci Signore un po’ di scaltrezza e di responsabilità sul futuro della nostra Chiesa. Aiutaci a vedere la convenienza dell’unione e non solamente ciò che ci verrebbe a mancare. Donaci un po’ di coraggio insieme alla necessaria prudenza.
Grazie Andrea sono d’accordissimo! E da sindacalista apprezzo anche la buona analisi di “politica industriale”!