Il cammino quaresimale inizia ogni anno con il famoso testo evangelico, tratto dal discorso della montagna di san Matteo (6,1-6.16-18), in cui Gesù ci introduce a vivere con verità e giustizia tre gesti religiosi (elemosina, preghiera e digiuno) che non sono esclusivi del cristianesimo, ma che nel Vangelo trovano un significato proprio in riferimento alla giustizia (se vuoi, puoi leggere questo commento al vangelo).
Fino a questa mattina, non mi ero mai chiesto se ci fosse un ordine definito nella proposta del Vangelo, ovvero se avesse un significato l’ordine delle azioni proposte da Gesù (elemosina, preghiera e digiuno). Una semplice intuizione mi ha portato a definire questa riflessione che condivido.
Se dipendesse da me o da noi, credo sarebbe sensato, per molti motivi che non sto a descrivere, iniziare un percorso penitenziale da una lavoro su noi stessi, cioè dalla preghiera o dal digiuno. In genere un cammino di conversione, secondo il nostro ideale, comincia da una introspezione che, poi, porta ad aprirsi agli altri.
Perché Gesù mette al primo posto della sua proposta l’elemosina?
Perché la logica del Vangelo è quella di guarirci (salvarci) dalla autoreferenzialità e dal narcisismo (che si traducono in molteplici scelte di peccato) e la prima cura è imparare a guardare gli altri con occhi da fratelli.
L’elemosina è un modo semplice e ordinario per condividere ciò che possiedo con una persona che incontro; non richiede grandi progettazioni. Si tratta semplicemente di vedere il volto di una persona che provvidenzialmente incrocia il mio cammino, di vedere la sua mano stesa che domanda aiuto e, dopo aver stretto quella mano per incontrare la persona e averla guardata negli occhi per onorare la sua dignità, condividere con semplicità quello che possiedo. L’incontro con l’altro, la scelta di farmi carico del suo bisogno, è il primo passo che mi porta a riconoscere che il mondo non gira attorno a me: scopro di avere dei fratelli.
A questo punto posso incontrare il Padre nel segreto della mia camera, perché quando lui mi chiederà: “dov’è Caino tuo fratello?” io potrò rispondere portando al Padre (nostro) l’incontro che ho vissuto, la mano che ho stretto, gli occhi che ho incrociato. Allora la mia preghiera, come accade sempre nella liturgia, anche se fatta nel segreto della mia stanza, sarà la preghiera che viene da un “noi” e non solamente da un “io”.
Scopro – nella preghiera – che il Padre mi rassicura sul fatto che nulla di necessario mi mancherà, perché è lui a provvedere per amore. Anzi, scoprirò che le mie invocazioni sono povere e banali perché in verità ho già tanto e non c’è molto di necessario che posso veramente domandare.
Sono pronto, allora, a scegliere il digiuno, per fare spazio nella mia vita, per poter accogliere i doni che il Padre è pronto a darmi. Con il digiuno vissuto con letizia di cuore (come insegna il Vangelo), creerò in me quel vuoto che Dio è pronto a riempire in modo inaspettato e creativo, lui che è capace di creare dal nulla e di fare nuove tutte le cose. Allora sperimenterò l’essenziale di Dio, quello che lui ha pensato solo per me e che si adatta perfettamente al vuoto che sono stato capace di creare eliminando tutto il superfluo e anche un po’ del necessario.
Elemosina, preghiera e digiuno. Tre passi per un cammino quaresimale affinché Dio, con la sua sapienza evangelica, possa portare a compimento l”opera che ha iniziato in noi nel giorno del nostro battesimo.
Bella questa preghiera
L’elemosina, quale atto di frazione di quello che ho per distribuirlo a chi non ne ha, implica una rinuncia. Dal punto di vista esclusivamente umano, la rinuncia a qualcosa è possibile solo in presenza di una priorità. Secondo me l’elemosina è possibile solo quando si riesce a vedere in colui che ci sta vicino, il nostro “prossimo”, il volto di Gesù. Riconoscere il volto di Cristo mette di fronte ad uno specchio il nostro animo