Però…

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Quanto pesa un ‘però‘ in una frase? Pesa tanto da mutarne il significato.

Quella più diffusa in questi giorni è: “Io non sono razzista, però…

Bella questa lettera di Milena Santerini apparsa su Avvenire che, partendo proprio da questa espressione, analizza la natura del razzismo odierno, molto diverso da quello di altri tempi, ma non meno pericoloso.
“Avvenire”, quasi quotidianamente riporta gli episodi di intolleranza, di violenza, a volte anche contro parrocchie e sacerdoti; un’intolleranza che sembra essere stata sdoganata nel nostro paese e che viene banalizzata, considerandola alla stregua di una goliardata estiva.

A questo proposito segnalo un editoriale di Marco Tarquinio proprio su questo tema che vale la pena leggere.

Ci sono analisi culturali e politiche molto accurate su questi fenomeni a cui io, personalmente, non ho molto da aggiungere.
Ma quel ‘però‘ così comunemente utilizzato, ci ricorda che sarebbe sbagliato, anche nel caso di temi così gravi, riversare la responsabilità di questo clima culturale solo su qualche forza politica o su qualche esponente…
Quel ‘però‘ di cui anche io sento l’esigenza di fare uso, mi dice che prima di tutto dentro di me c’è un mostro da sconfiggere e che finché non l’ho sconfitto dentro di me a poco vale la mia lotta per sconfiggerlo fuori di me.
Come? Alcuni pensieri di questi giorni …

Vinco il razzismo e ogni discriminazione se vedo nell’altra/o una persona e non il rappresentante di una categoria (profugo, immigrato, extracomunitatio, clandestino, straniero, … ). Nessuno nasce profugo. Tutti nasciamo uomini e donne destinatari di diritti e di doveri, portatori di doni. Ognuno di noi nasce come un dono per la famiglia che lo ha accolto e per l’umanità di cui fa parte.

Vinco il razzismo e ogni discriminazione quando penso che i diritti di cui io godo (senza merito peraltro) siano i diritti di ogni uomo e ogni donna che cammina su questa terra. Diritto alla pace, all’istruzione, alla salute, alla giustizia, al progresso della propria vita… a vivere con la mia famiglia.

Vinco il razzismo e ogni discriminazione quando riconosco che i beni che ho a disposizione possono diventare un bene da condividere con chi è privo del necessario, con chi ne ha bisogno per la sua sopravvivenza. Lo vinco quando non alzo muri e barricate per difendere ciò che lecitamente è mio, ma non mi è necessario; quando riconosco che l’altro che ne ha bisogno ha diritto di utilizzarlo.

Vinco il razzismo e ogni discriminazione quando non trasformo la mia identità religiosa, culturale e nazionale in un arma da utilizzare contro l’altro, ma come un bene da condividere per accogliere l’altro e renderlo partecipe del patrimonio che ho ereditato da chi mi ha generato ed educato.

Sono tante le cose che devo cambiare dentro di me mentre mi impegno a riconoscere e a combattere tutte le devianze che portano alla deriva il mio Paese e anche molti della mia comunità cristiana.

Penso che sarei più vero e mi sentirei più onesto se dicessi: “Mi dispiace molto, anche se non lo vorrei mi accorgo che sono un razzista, che non sono accogliente, che faccio delle discriminazioni, PERO’ voglio cambiarecomincio oggi“.
Da quel momento avrei cominciato a sconfiggere il mostro.

Pubblicato da tecnodon

Prete cattolico. Formatore in seminario ed Assistente AGESCI

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