16 giugno 2018 – Villa Verucchio – Matrimonio di Francesco e Paola
Tb 8,4-8; Sal 22; Rom 12,1-2.9-18; Lc 1,39-56
Il Matrimonio rappresenta un evento importante nella vita di una coppia, di una famiglia e di una comunità; è un momento solenne, forse il più solenne.
Eppure è composto di gesti semplici e di poche parole.
Tutto il grande evento del matrimonio si fonda su due parole che gli sposi si dicono reciprocamente: Ti accolgo … ti prometto…
Ti accolgo
Il nuovo rito del matrimonio, in vigore dal 2004, è intervenuto a cambiare proprio questa espressione nella manifestazione del consenso degli sposi: nella versione precedente si diceva “io ti prendo come mio sposo/ come mia sposa…” La variazione non è piccola ed è molto bella perché ci pone in un’altra prospettiva.
In un mondo di predatori si afferma che il matrimonio è prima di tutto fondato sull’accoglienza dell’altro/dell’altra come un dono… Ti accolgo ….
– Ti accolgo come un dono di Dio: riconosco che è lui che ti dona a me; riconosco che è lui che ti ha posto sulla mia strada. Il testo di Tobia che avete scelto come prima lettura ci pone esattamente in questa prospettiva: la preghiera degli sposi proposta da Tobia nella notte delle loro nozze, li aiuta ad accogliersi l’un l’altro come un dono che ha Dio come origine; non perché fare l’amore fosse inappropriato o richiedesse un’ulteriore sacralizzazione, ma perché sentono il bisogno di riconoscere che quello che stanno vivendo è partito da Dio, è un frutto e un dono della sua grande bontà.
– Ti accolgo come un dono della tua famiglia, quella famiglia in cui sei nato/nata e cresciuto/a fino ad oggi. Accolgo la tua storia come un dono per me; accolgo come un dono tutto il cammino che hai compiuto e l’impegno di chi ti ha educato di chi ti ha aiutato ad essere quel prodigio che mi ha fatto innamorare di te.
– Ti accolgo come il dono più prezioso che tu stesso/a mi puoi fare donandomi tutta la tua vita; riconosco che in questo dono c’è tutto di te e che in questo tuo dono consegni nelle mie mani tutto il tuo futuro, il tempo che da oggi desideri condividere con me.
E’ una questione di sguardo e di prospettiva. Il punto di riferimento non sono io. C’è una realtà che mi precede e che mi rende destinatario/a di un dono da accogliere.
In questa parola “Ti accolgo…” sta tutta la gratitudine e la fede di Maria che, nel suo Magnificat accoglie la sua maternità come il dono che Dio le ha concesso.
“Ti accolgo” è l’espressione più grande della vostra fede di sposi, perché riconoscete che la sorgente del vostro amore non racchiusa in voi stessi, che non dipende solo da voi, ma vi viene data e ridonata ogni giorno.
Poiché però nessuno è garantito nella fede e nella gratitudine, il Signore ci pone accanto una comunità di fratelli e di sorelle. Anche Maria, con il cuore turbato, nonostante il ‘sì’ che aveva pronunciato, è ricorsa ad Elisabetta, la quale, piena di Spirito Santo, l’ha aiutata a riconoscere il dono che le era stato concesso e ad innalzare il suo Magnificat. Anche voi possiate ritrovare nella comunità cristiana “la casa di Elisabetta“, un luogo in cui, qualora sorgesse un turbamento, possiate essere aiutati a ri-orientare il vostro sguardo per ri-conoscere il dono e ri-accoglierlo con gratitudine.
Ti prometto…
Per voi due, che siete scout da molti anni, questa parola ha un peso importante e coinvolge tutta la vostra vita, da quando avete pronunciato la vostra promessa.
Anche oggi, sebbene non sia previsto dal rito, voi promettete alle stesse condizioni: confidando nell’aiuto di Dio e impegnandovi a fare del vostro meglio; ad una donna e ad un uomo non può essere chiesto nulla di più di questo.
– Ti prometto di essere fedele sempre…
Abbiamo imparato e condiviso nella nostra storia che la vita non è il frutto del caso o delle circostanze, ma solo delle nostre scelte. Noi siamo le nostre scelte. Esse sono il fondamento che orienta e custodisce la nostra vita.
Ci sono alcune scelte e alcune promesse che sono per sempre (semel … semper…) ed esse rappresentano la roccia su cui oggi costruite la vostra casa. Nella parabola della casa costruita sulla roccia o sulla sabbia, non sono le circostanze esteriori che determinano l’esito della casa, ma solo il fondamento: ognuna delle due case è flagellata da piogge, esondazioni, venti, ma mentre una va in rovina, l’altra resiste grazie al suo fondamento.
Prometto di esserti fedele sempre: le circostanze possono cambiare; si può cambiare città, lavoro, possiamo vivere momenti difficili segnati dalla malattia e dalla mancanza di risorse, ma conosciamo il fondamento e ricordiamo la nostra promessa.
– Prometto di amarti e di onorarti…
Queste due parole nel rito del matrimonio sono spesso accoppiate e non possono essere disgiunte. Se abbiamo perduto il significato profondo della parola amore per un suo uso improprio, l’accostamento ci aiuta a comprendere bene quale sia il contenuto della promessa: prometto di amarti e onorarti, prometto di amarti e di renderti onore. San Paolo nel testo della lettera ai Romani che avete scelto, tra le molte indicazioni dice: gareggiate nello stimarvi a vicenda (Rom 12,10). Se non stimo l’altra persona non potrò amarla; se non onoro l’altra persona il mio amore è vuoto; se non mantengo pulito “il file” del mio coniuge, non posso dire di amarlo.
Amare significa conoscere il valore dell’altro/a: solo così posso ogni giorno iniziare la mia giornata accogliendo l’altra/o come un dono e donandomi con tutto me stessa/o all’altra/o rinnovando la mia promessa di amore.
Ospitalità
Tra i tanti consigli che Paolo consegna alla comunità di Roma dice: siate premurosi nella ospitalità… Per noi cristiani l’ospitalità non è una questione di buone maniere o di galateo: essa è la misura del nostro vivere il Vangelo.
– La prima ospitalità sarete chiamati a concederla ai figli che Dio vorrà donarvi; sarà un’ospitalità bella, lunga e impegnativa che vi chiederà di rimettervi in gioco continuamente e di pensare a loro prima che a voi. “I figli non sono nostri” abbiamo sentito ripetere molte volte … ma vanno accolti come ospiti preziosi.
– L’ospitalità ha tante dimensioni quante sono le persone che il Signore pone sul vostro cammino…
L’ospitalità è la misura del Vangelo perché ci chiede continuamente di rinunciare a noi stessi e di partire dalle esigenze di coloro che ci sono accanto; di rinunciare ai nostri programmi e di improvvisare per fare spazio alla persona che incontriamo sul nostro cammino.
L’ospitalità è il presidio che possiamo tenere contro la tentazione di una vita borghese in cui bastiamo a noi stessi e pensiamo solo a noi stessi.
L’ospitalità è la nostra capacità di accogliere Cristo che viene a visitarci e ci chiede di ripartire da lui.
L’ospitalità è la sorgente di un amore che si rinnova ed è capace di essere fecondo.
Buona strada Francesco e Paola.
Il Signore vi benedica per tutti i giorni della vostra vita.