
Oggi la nostra Nazione celebra la festa della Liberazione e la fine della seconda guerra mondiale.
Il tema della liberazione ci rilancia potentemente dentro il clima pasquale che la Chiesa sta vivendo: la memoria della pasqua ebraica e di quella cristiana si presentano come grandi eventi di liberazione in cui Dio è intervenuto per salvare il suo popolo.
Nell’iconografia orientale questa dimensione è maggiormente sottolineata con l’icona della “Discesa agli inferi”. In essa si evidenzia l’azione di Cristo risorto che, attraversando la morte, scende agli inferi per liberare i progenitori Adamo ed Eva, i patriarchi, i profeti e renderli partecipi della vittoria della Pasqua.
La relazione tra Pasqua e Liberazione ci consente però, oltre a delle analogie, anche una prospettiva interessante. Sia per gli Ebrei che per i Cristiani, la celebrazione della Pasqua non si limita alla rievocazione di un evento del passato, ma consente ad ogni generazione di essere partecipe di quella salvezza che Dio ha operato per il suo popolo e per tutti gli uomini.
Anche noi dunque, celebrando la festa della Liberazione, non ci limitiamo e rievocare fatti accaduti 72 anni fa, ma ci chiediamo come vivere questa esperienza di liberazione ai nostri giorni, per essere responsabili delle esigenze di libertà che troviamo nel nostro tempo.
Ci può essere si aiuto una frase che san Paolo scrive ai Galati (5,1): “Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù“.
Dobbiamo ammettere che oggi ci sono molte limitazioni alla libertà delle persone e molte domande di liberazione: penso prima di tutto ai nostri giovani che non sono liberi di pensare al loro futuro, impediti di mettere a disposizione della nostra società e del mondo le loro competenze, la loro creatività, di dare il loro contributo per la crescita della realtà; penso alle nostre famiglie che non sempre sono libere di porre al centro il desiderio di vita: ce lo attesta il decrescente indice di natalità del nostro Paese e della nostra Regione…
Gli esempi potrebbero essere molti, ma la domanda più importante è come attuare oggi il processo di liberazione da tutte le oppressioni, da tutti quei meccanismi perversi che limitano l’uomo e la sua esigenza di vita libera.
La festa di oggi ci consegna tre parole che hanno ancora una loro rilevanza, sebbene richiedano anche un percorso di purificazione.
Resistenza
La festa di oggi è strettamente legata alla memoria della Resistenza. La storia ci ha consegnato questa parola con tutto il suo significato positivo legato all’impegno e al sacrificio, ma, dobbiamo ammettere, è anche una parola intrisa di sangue, che richiede una certa purificazione.
Dire Resistenza oggi non può essere semplice esaltazione della lotta armata, ma capacità di contrasto alla cultura dell’indifferenza, della morte e dello scarto.
Dire Resistenza significa che non attendo che le circostanze siano favorevoli, ma che mi impegno personalmente, sacrificando me stesso, per edificare una realtà nuova con il coinvolgimento di tutti coloro che, come me, non si rassegnano alle logiche della morte. Dire Resistenza è affermare la capacità e la possibilità di andare contro-corrente per contribuire, con l’impegno personale, alla costruzione di un mondo nuovo.
Lo sguardo sulla storia del nostro Paese nel dopo-guerra, così come sulla storia mondiale, ci ha messo a disposizione testimonianze di uomini e donne che hanno vissuto una resistenza non-violenta, rappresentando per noi modelli interessanti per vivere anche oggi la nostra resistenza.

Democrazia
E’ indubbio che coloro che hanno lottato per la liberazione del nostro Paese avessero già nel cuore il desiderio di una nazione democratica come garanzia di libertà e di bene per tutti.
Democrazia è una parola delicata, soggetta a banalizzazioni e a mistificazioni. Oggi ci rendiamo conto che la nostra democrazia è in crisi. Lo testimonia il dilagante astensionismo in occasione delle consultazioni elettorali, indice di una crisi di fiducia nelle istituzioni democratiche e nella partecipazione. Questo sintomo sappiamo che è molto pericoloso proprio nella prospettiva della garanzia della libertà.
Ma anche la riduzione della democrazia a semplice espressione di voto è molto pericolosa.
La democrazia è un processo difficile e complesso che richiede disponibilità all’ascolto di tutti e sincerità nella condivisa ricerca del bene comune. Non è democrazia l’imposizione di una maggioranza. Non è democrazia l’imposizione di un interesse di parte.
Anche la Chiesa, finalmente, grazie al Concilio e a papa Francesco, sta timidamente imparando il valore della sinodalità, del camminare insieme valorizzando il contributo di ognuno, rinunciando all’affermazione di sè stessi per costruire una realtà più grande e più bella dove ci possiamo ritrovare insieme.

Educazione
La condizione per cui le prime due parole possano ritrovare un significato pieno è data dal ricupero dell’impegno per un percorso educativo che non si limiti alla proclamazione dei valori o alla rievocazione dei fatti del passato che hanno contribuito alla nostra storia.
Per garantire tale percorso educativo occorre investire energie e risorse in proposte che facciano sperimentare con mano come un cammino di libertà coinvolga la responsabilità personale e debba essere condiviso con altri.
Un impegno educativo richiama prima di tutto noi adulti ad assumere l’onere di essere testimoni cedibili della possibilità di realizzare un mondo libero e buono per tutti e con tutti.

Buona festa del 25 aprile.