Nel nostro mondo omogenizzato sembra sempre più difficile fare delle distinzioni. La confusione regna soprattutto riguardo alla gestione del tempo.
Per esempio non abbiamo più giorni festivi, ma giorni di riposo. L’astensione dal lavoro e la sospensione delle attività scolastiche non sono più garanzia per vivere la festa, ma occasione per essere in vacanza.
La vacanza, come dice il termine, è un tempo libero da dedicare al riposo o ad attività non produttive.
La festa, invece, è un tempo importante, determinato da un evento da ricordare e celebrare; non è assolutamente un tempo vuoto!
La festa delle feste per noi cristiani è la Pasqua di Risurrezione, fondamento della nostra identità di cristiani, partecipi di quella nuova creazione che Gesù ha inaugurato con la sua vittoria sulla morte.
Celebrare la Pasqua nelle nostre comunità, per noi cristiani rappresenta il tornare alla sorgente della nostra esperienza di fede che non si risolve in idee, sentimenti o buone azioni, ma nell’accoglienza grata di un evento che ha cambiato la storia del mondo: Gesù ha donato la vita per noi e ha sconfitto la morte rendendoci partecipi della vita di Dio.
Che tristezza vedere che tante famiglie cristiane hanno completamente smarrito il senso della Pasqua! Che amarezza vedere le nostre comunità svuotate perché le famiglie partono per le “vacanze di primavera”!
Come possiamo ricuperare il senso della festa?
Come possiamo aiutarci a rievangelizzare la Pasqua?
Domande e provocazioni non moralistiche, ma utili per aiutarci a ricuperare i punti di riferimento.
Carissimo, la mia riflessione è più una provocazione. Tempo fa lessi un tuo articolo relativo al fatto che le chiese si stanno svuotando e i preti, invece di essere preoccupati ad accorpare gli orari delle Messe, dovrebbero domandarsi perchè si svuotano.
Se il problema centrale fosse da ricercare nell’aspetto emotivo? Troppo spesso trascurato e sottovalutato?
Penso che, rispetto alle generazioni dei nostri padri (io ho 52 anni), dove la manifestazione dell’affettività era quasi assente (quindi niente abbracci, baci, carezze…reprimere le emozioni, non gioire troppo altrimenti ti accade qualcosa di brutto….non crederci troppo per non illuderti….ecc ecc) rispetto a quei tempi, appunto, siamo profondamente cambiati. Ora l’aspetto emotivo, affettivo, è molto più sviluppato, siamo in grado di “sentire” in maniera diversa e questo fa comprendere in maniera differente il senso del vero. Aggiungerei che, sempre rispetto al passato, siamo meno intimoriti e sicuramente più critici.
Per contro ciò che invece è collegato a rituali ripetitivi (spesso freddi e proclamati con scarsa convinzione), non riusciamo a riconoscerli come reali, non sentiamo il senso del vero e rimaniamo disorientati.
Personalmente ritengo che i cambiamenti degli ultimi decenni abbiano creato un solco tra il praticante e i riti che ancora in troppi non riescono o non vogliono vedere.
E’ difficile sentire la Festa, perchè è difficile riconoscerla come tale.
Perchè è difficile sentirla vera, ma distante, con scarso senso di comunità e di comunione.
Le mie sono supposizioni che nascono dall’ascolto della realtà che mi circonda, cercando di interpretarla, capirla senza giudicarla.
Temo diversamente di perdere il contatto con la realtà, con la vita reale e, di conseguenza, perdermi e confondermi.
La confusione è evidente (probabilmente anche la mia), serve un ascolto e un osservazione comprensiva per ritrovare un bandolo smarrito ormai da troppo tempo….
Felice Santa Pasqua
Giovanni Tomassini
Ciao Giovanni.
Buona Pasqua anche a te.
Il tema che tu sollevi è molto importante, soprattutto perché so che tu ti intendi molto di comunicazione; la dimensione emotiva oggi è portata al centro delle attenzioni. Purtroppo noi veniamo da una cultura che ha separato la dimensione emotiva da quella razionale privilegiando ora l’una, ora l’altra, senza dialogo e senza visione unitaria. Nella liturgia questo elemento emerge in modo prepotente: le celebrazioni vengono valutate o sui contenuti dell’omelia del prete (dimensione razionale) o sulla dimensione unicamente emotiva.
La provocazione che ho scritto ha a che fare con questo tema, che anche a me sta molto a cuore, ma riguarda le premesse. La fatica di comprendere e vivere in tutte le dimensioni la festa riducendola a vacanza, a contenitore vuoto in cui posso fare qualsiasi cosa mi piaccia, ci toglie la possibilità di qualsiasi lavoro e impegno formativo sulla liturgia.
Grazie per la tua riflessione e ancora buona pasqua anche a te.
Andrea