Per la prima volta da quando sono a Santarcangelo ho partecipato alla “Festa dell’Unità nazionale e al ricordo dei caduti di tutte le guerre“. Ho voluto parteciparvi perché ritengo significativo ricuperare il valore di questi appuntamenti civili in un tempo di grande fatica sul senso delle istituzioni e sul senso di responsabilità riguardo un bene comune come la democrazia.
Secondo la tradizione locale, la cerimonia civile è stata preceduta da una celebrazione eucaristica nella Chiesa del Pio Suffragio che contiene al suo interno un altare con i nomi dei caduti santarcangiolesi nei due conflitti mondiali.
Mi sono sentito di condividere due pensieri maturati grazie alla lettura di un libro che, già dal titolo, è molto provocatorio “Possa il mio sangue servire” (Aldo Cazzullo, Ed. Rizzoli 2015), un testo che raccoglie le lettere di addio di alcuni uomini e donne che hanno combattuto il nazi-fascismo e che, imprigionati, torturati e condannati a morte, hanno avuto la possibilità di scrivere ai loro famigliari o amici nelle ore prima di essere giustiziati.
Da queste lettere emergono due pensieri che costituiscono una provocazione forte per noi:
– la consapevolezza che il sacrificio della loro vita non rappresentasse uno spreco, ma il necessario prezzo da pagare per costruire una realtà nuova, un Paese nuovo, libero, democratico e giusto, rispettoso delle leggi e dei diritti delle persone.
Molto bella la lettera del capitano Franco Balbis (che da anche il titolo al libro): “Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra terra a essere onorata e stimata nel mondo intero… Con la coscienza sicura d’aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone di esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta. Possa il mio grido di «Viva l’Italia libera» sovrastare il crepitio dei moschetti che mi daranno la morte; per il bene e per l’avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice.”
Ci chiediamo: per cosa noi oggi siamo disponibili a sacrificare noi stessi, il nostro tempo, il nostro denaro, i nostri legami più vari? Qual è la causa che ci muove o ci potrebbe muovere?
Spesso ci lamentiamo che le cose non vanno, che si dovrebbe fare diversamente… ma cosa sono disponibile a fare io?
Questi uomini e donne (ultima Tina Anselmi, staffetta partigiana, deputato e primo ministro donna della Repubblica) avevano chiaro che per una Patria diversa valeva la pena sacrificare la propria vita; e noi?
Sarebbe davvero ipocrita fare memoria dei caduti delle guerre e non esser disposti a fare noi pure la nostra parte per un mondo migliore, più giusto e fraterno, libero dalle nuove dittature del denaro e della finanza e dal’indifferenza che uccide.
– questi uomini e donne vivevano in tempi difficilissimi; non era facile pensare che le cose sarebbe potute cambiare; eppure per loro era chiara la visione di una realtà nuova oltre la realtà presente; era forte la speranza che, con il contributo di tutti, il nostro Paese avrebbe potuto diventare nuovo e migliore.
Anche qui ci appoggiamo ad un testo scritto da Paolo Braccini, nome di battaglia “Verdi”, alla moglie e alla figlia: “Tu sai perché io muoio. Tienilo sempre presente e fallo sempre presente a tutti, specialmente alla nostra bambina… Non devi piangere per la mia fine: io non ho avuto un attimo di rammarico: vanne a fronte alta. Non ho perso la vita inconsciamente: ho cercato di salvarmela per te, per la mia bambina, per la mia fede. Per quest’ultima occorreva la mia vita. L’ho data con gioia… Il mondo migliorerà, siatene certe: e se per questo è stata necessaria la mia vita, sarete benedette… La mia fede mi fa andare sorridendo. Tenetemi nel vostro cuore per tutta la vita, come io per l’eternità.”
Ci chiediamo: dove è finita la nostra speranza di saper vedere la possibilità di un futuro migliore oltre le circostanze attuali? Noi giovani degli anni ’80-’90 eravamo persuasi che il mondo sarebbe cresciuto incessantemente verso un progresso positivo. Quale sorpresa vivere la caduta del muro di Berlino, segno della rinascita del mondo dopo le violenze della seconda guerra mondiale… eppure oggi si respira dovunque rassegnazione e mancanza di speranza. Ancora ci si lamenta perché le cose non vanno, ma manca la capacità di saperne vedere altre oltre le circostanze presenti.
Se manca la speranza cresce l’individualismo egoista. In un mondo che si interpreta in perenne emergenza, senza futuro e sotto attacco vale solo la legge: “Ognuno per sé e Dio per tutti!” Fare memoria dei nostri caduti significa fare nostro il loro desiderio e il loro impegno per un mondo nuovo e diverso.
Possiamo ripetere anche noi: “il mondo migliorerà, siatene certi!”, ma solo se abbiamo visto oltre il presente la realtà che sta nascendo e se contribuiamo a farla nascere, facendo la nostra parte.
Is 21,11-12: 11Oracolo su Duma. Mi gridano da Seir: «Sentinella, quanto resta della notte?
Sentinella, quanto resta della notte?». 12La sentinella risponde: «Viene il mattino, poi anche la notte; se volete domandare, domandate, convertitevi, venite!».