Un tempo vigeva il principio (non scritto) che per crescere, una persona dovesse fare molte esperienze: erano quelle a forgiarlo indipendentemente dal loro valore. Ogni esperienza, in quell’immaginario educativo, costituiva come un colpo di martello sul metallo incandescente: comunque fosse dato lasciava la sua traccia ed eventualmente poteva essere corretto con uno dei colpi successivi.
Poi accadeva che uno diventava adulto e metteva a frutto le sue esperienze, rientrando in un contesto che quasi naturalmente costringeva a fare delle scelte: se non si facevano si rischiava di vivere da disadattati, perché, comunque, il mondo procedeva e nessuno (forse) ti aspettava. Così si distingueva l’età giovanile dall’età adulta, caratterizzando la prima come il tempo delle possibilità (pochi vincoli, molte possibilità) e la seconda come il tempo delle necessità (intese come elementi che diventavano strutturali ed ineludibili). Il sistema risultava tutt’altro che ideale, ma esistevano dei fattori esterni di tutela che, in qualche modo, conducevano la maggior parte alla vita adulta.
Oggi, come drammaticamente ben si sa, questo tempo delle necessità è sfumato perché nessuno vuole diventare adulto e perché il contesto vitale e sociale non aiuta più a porsi di fronte a delle scelte.
L’assenza di prospettive lavorative; la precarietà delle relazioni affettive; l’ideologia giovanilista che porta a credere di potersi sempre reinventare, in ogni tempo della vita, perché non c’è nulla di necessario, di responsabilizzante e di obbligatorio… Tutto questo ha accentuato la fatica delle scelte che spaventano molto coloro che si pongono nella possibilità di farlo.
Ma non c’è percorso educativo senza scelte e non si diventa grandi (ammesso che uno lo voglia) senza scegliere!
Allora, come aiutare a diventare grandi? Ovviamente la domanda è enorme e io la risposta non ce l’ho. In questi giorni mi sono trovato a confrontarmi più volte con questa questione. Mi sono venute in mente alcune considerazioni che riguardano noi educatori; provo semplicemente a condividerle come spunti di riflessione:
– per prima cosa dobbiamo liberarci dalla paura “di perdere” i nostri ragazzi e le nostre ragazze. La paura che le loro scelte li allontanino da noi, non ci dovrebbe portare ad abbassare il tiro o ad indulgere nella logica dei compromessi (che non corrispondono alle necessarie mediazioni e personalizzazioni). Molte volte invece questa paura ci blocca e ci impedisce di proporre ciò che è bene per quel/la giovane.
– tenendo presente il criterio della gradualità, con la logica dei piccoli passi, non possiamo rinunciare ai grandi orizzonti. Se sottraiamo ai ragazzi la possibilità di pensare in grande, di vivere incontri, esperienze e situazioni significative, solo perché è difficile e faticoso, rischiamo anche noi di condannarli alla mediocrità.
– se è vero che è la storia che provoca nelle scelte, dobbiamo accompagnare i ragazzi dentro i grandi processi della storia in corso. Soprattutto in quest’epoca in cui per i ragazzi prevale la dimensione virtuale, è molto importante essere calati dentro le realtà di cui si parla, entrare in contatto fisico e personale con quanto accade, accogliendo la difficoltà della cosa. Non si educa alle scelte rimanendo alla finestra della storia, ma vivendola come un’opportunità e una circostanza concreta in cui Dio ci parla.
– tra le varie scelte difficili, in particolare si vive la difficoltà di scegliere la fede cristiana e la vita della Chiesa. Secondo i dati di diverse ricerche, presso i giovani, la scelta della fede e di ispirare la propria vita alla proposta evangelica è in calo vertiginoso, anche tra i giovani che partecipano ai nostri itinerari educativi. Se da un parte rimane sempre vero che la fede si propone e non si impone, dall’altra, come educatori, dobbiamo essere persuasi della bontà della nostra proposta e non annacquare i nostri cammini con riferimenti generici ai valori. Se la fede rappresenta una sfida, accompagnando ogni giovane, possiamo aiutarlo a lasciarsi provocare dall’esperienza e dalla testimonianza della fede, per compiere, anche su questo piano delle scelte consapevoli e non dettate dall’andazzo o dalla prospettiva più facile.
Scegliere è sempre stato difficile! Oggi lo è ancora di più in una cultura in cui siamo abituati a tenere insieme vari scenari, anche contrapposti e incoerenti tra loro… ma è un obiettivo educativo a cui non possiamo derogare.
Scegliere è l’unica possibilità che ci è data per esercitare la nostra libertà e la nostra responsabilità nel mondo e nel tempo in cui viviamo. Noi educatori siamo chiamati a sollecitare la libertà e la responsabilità di ogni persona che ci è affidata, perché possa divenire un uomo e una donna capace di vivere con consapevolezza il suo tempo. L’alternativa è purtroppo molto triste e noi non possiamo esserne complici.
don Andrea
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