Nell’immaginario ecclesiale non tutte le messe domenicali sono uguali. Le messe sono diverse in base a coloro che vi partecipano. Quelli espressi in queste righe sono per lo più dei luoghi comuni, ma, come tutti i luoghi comuni, si radicano in una certa esperienza, ovviamente non esaustiva.
Quali sono le “messe tipo”?
C’è la messa del mattino (alle 8?) che è delle nonne e delle mamme, di quelle che la mattina della domenica si svegliano presto perché dopo hanno altro da fare. Si tratta di un’assemblea liturgica composta da un gruppo di fedelissime, con ruoli ben definiti e gerarchie stabilite nel corso degli anni. E’ presente anche qualche uomo, ma si guarda bene dall’intervenire. E’ una messa in cui non ti aspetti sorprese, le cose scorrono lisce come sempre. Chissà se è un bene?
C’è poi la famigerata “messa dei bambini” (alle 10?), così chiamata soprattutto per tradizione, perché di bambini è da un bel po’ che non se ne vedono in numero tale da giustificare tale espressione (anche se qualcuno, giustamente, l’ha sempre contestata). E’ la messa gestita dalle catechiste e dai gruppi della catechesi dei ragazzi dell’Iniziazione cristiana. E’ una messa festosa, agitata e caotica, sempre con qualcosa da fare e da organizzare. E’ una messa che alcuni apprezzano per la vivacità, altri invece, per lo stesso motivo, non la sopportano. E’ una messa dove spesso ci si concede un po’ di free style, dove si azzardano proposte un po’ border line con l’attenuante che lo si fa per favorire la partecipazione dei bambini e dei ragazzi. Anche in questo caso qualche domanda non guasterebbe, qualche verifica potrebbe essere necessaria, ma non è il tema che ci interessa.
Infine (sempre nell’immaginario ecclesiale) c’è la messa nobile, la messa delle 11, quella frequentata dalle famiglie (?!?) – si dice -, dai “maggiorenti” della parrocchia, dagli adulti. E’ sempre stata considerata la messa che conta, quella che mostra l’immagine della parrocchia … potrei continuare con i luoghi comuni, ma non serve, perché sembra che proprio questa messa stia entrando in crisi di partecipazione, e ben a due livelli:
- è sempre più difficile trovare in questa messa persone che si rendano disponibili all’animazione e ad una partecipazione collaborativa (dai semplici lettori al coro); coloro che vi partecipano risultano piuttosto passivi, non vogliono essere scocciati;
- inoltre mancano proprio le persone: queste messe risultano poco partecipate.
Mi è capitato di andare a sostituire qualche amico prete e mi sono trovato davanti a chiese semi-vuote; anche altri operatori pastorali della città di Rimini mi dicono che è proprio la celebrazione che evidenzia maggiore difficoltà. Perché?
Io non ho la pretesa di avere delle risposte che, peraltro, potrebbero essere diverse di situazione in situazione; ma alcune domande ce le possiamo porre.
Chi era la gente abituata ad andare a quella messa? Erano i giovani, le giovani famiglie o le coppie degli adulti; erano le persone che esprimevano un’adesione consapevole alla comunità e non solamente tradizionale. Erano le persone che professavano una fede adulta, responsabile, e vivevano una corresponsabilità nella comunità cristiana… (mi è scappato l’imperfetto; chiedo scusa, ma lo lascio). Dove sono? Quando vanno a messa? Ci vanno?
Il Concilio affermava che la Liturgia è la manifestazione della Chiesa (SC 41-42), ma questo non è vero solo in senso teologico; in qualche modo è vero anche in senso storico e “sociologico” (anche se questa parola è tabù per molti preti). Se quella messa a cui partecipavano “un certo tipo di persone” è pressoché deserta, forse vuol dire che proprio quelle persone non si sentono più coinvolte dalla nostra comunità e sono assenti non per pigrizia, ma per scelta.
Dove sono i giovani? dove sono le giovani famiglie? dove sono gli adulti “militanti”? dove sono coloro che hanno fatto la scelta di vivere un cammino di fede e di condividerlo nella comunità? Sono solo delle domande che vorrei condividere in questo anno della missione, perché sono domande che non sento più circolare nei nostri contesti, quasi ci fossimo rassegnati a vivere in quel deserto.
Ho sentito qualcuno proporre soluzioni pragmatiche: visto che la messa delle 11 è quasi deserta, uniamo le messe, proponendone una unica alle 10.30! Forse tra qualche tempo questa scelta sarà necessaria anche per altri motivi; ma la domanda del perché certa gente non viene più, così non l’abbiamo affrontata: l’abbiamo solo evitata!
Quando siamo invitati dal Papa e dal Vescovo a ricuperare uno stile missionario nelle nostre parrocchie, non è per “espandere i nostri domini”, ma per andare a cercare coloro che, pur essendo cristiani battezzati, non sentono più a casa nelle nostre comunità e sono molti.
Condivido qualche lettura che mi ha interessato, anche se ci sono alcuni punti (soprattutto nei libri di Brugnoli) che mi lasciano alquanto perplesso; gli autori sono persone serie e appassionate e vale la pena prestare loro attenzione:
- A. Matteo, La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra giovani e fede, Rubettino
- A. Matteo, La fuga delle quarantenni. Il difficile rapporto delle donne con la Chiesa, Rubettino
- A. Brugnoli, E’ tempo di svegliarsi. Rinnovare le parrocchie con la Nuova evangelizzazione, Paoline
- A. Brugnoli, Parrocchie da incubo. Manuale per cambiare stile di Chiesa, Fede&Cultura
Nessun libro può rispondere ai problemi che ognuno di noi vive nella comunità, ma un libro può aiutare a vedere le cose da un altro punto di vista, a pensare, e a condividere un pensiero con altri, pratica che, a mio modestissimo parere, anche nelle nostre comunità è un po’ desueta.
Perché non condividere riflessioni ed esperienze?