
Mentre i giorni di Natale scorrevano nella loro festosità, sul web si apriva un dibattito che il settimanale “Il Ponte“, uscito proprio oggi, ha riportato e rilanciato. Siccome ho partecipato a questo dibattito, e credo sia utile ampliarlo, rilancio il ritaglio del giornate uscito oggi.
Dopo il ritaglio del giornale (Il Ponte 10 gennaio 2016) riporto la lettera che avevo spedito a tutti i preti.

Rimini 30/12/2015
Ringrazio don Romano per la volata che ci ha tirato.
Come tutti sappiamo la questione vocazionale è molto complessa e non è semplice fare dei paragoni di carattere socio-ecclesiale con i tempi passati, siano questi remoti o prossimi.
Su due questioni don Romano ha ragione: è venuto meno il rapporto personale tra il sacerdote e i ragazzi/giovani delle comunità ed è venuto meno il coraggio di una proposta esplicita riguardo alla vocazione sacerdotale o alla vita consacrata, per quei giovani e quei ragazzi che noi consideriamo “portati” per il ministero. Spesso attendiamo che la vocazione si manifesti in modo spontaneo, ma questo è molto difficile oggi per tre motivi:
– Il clima di secolarizzazione molto diffuso anche tra i praticanti e i “militanti” (categoria desueta); il vangelo non è il criterio dominante per impostare le scelte di vita delle nostre famiglie, degli adulti e dei giovani delle nostre comunità. Su tanti aspetti della vita (importanti e meno) non si nota una differenza tra “i nostri” e “gli altri”. Qui occorre ricuperare il valore di un impegno formativo diffuso, per riproporre una misura alta della vita cristiana che è comunque, in qualsiasi prospettiva, la risposta ad una vocazione.
– La figura del sacerdote negli ultimi anni ha perso molto appeal e le notizie che circolano quasi quotidianamente non ci aiutano; i genitori non solo sono dispiaciuti, se un figlio manifesta delle intenzioni vocazionali in prospettiva sacerdotale, ma a volte sono addirittura spaventati, chiedendosi sinceramente in che tipo di “mondo” si va ad infilare il loro figlio. A questo livello conta molto la nostra testimonianza personale. Tutti noi siamo responsabili perché i nostri cristiani possano dire: ci saranno anche dei preti disgraziati, ma quelli che conosciamo noi non sono così; sono preti che fanno sul serio!
– La figura del prete come “uomo della fede” è stato da tempo sostituito con il “prete uomo delle opere sociali” (vedi anche spot per la raccolta dell’8×1000) anche nelle nostre comunità. In un momento in cui la fede sembra divenuta residuale quando non problematica (sarebbe meglio vivere in un mondo senza religioni e senza fedi, perché sarebbe un mondo con meno conflitti – come dicono molti) e in cui molti altri si occupano del sociale (anche meglio e in modo più trasparente – cfr. notizie di cronaca) perché un giovane dovrebbe donare la sua vita per diventare prete? Emerge con urgenza la questione dello “specifico” del prete in un momento critico anche per noi che, schiacciati da tante priorità e incombenze, nonostante il nostro impegno e la nostra buona volontà, rischiamo di affermare delle cose e viverne altre. La riflessione che abbiamo attivato nella nostra diocesi sulla pastorale integrata coinvolge in modo potente anche questo tema e ci chiede dei processi di conversione e di cambiamento importanti che però faticano a procedere. Come aiutarci reciprocamente?
In conclusione direi che questo tema non è urgente solo per la prospettiva della futura (prossima) carenza di preti, ma, come si affermava nel testo di don Romano, soprattutto perché una fede che non produce frutti di vita evangelica e che si scopre sterile vocazionalmente, è una fede che non incide nella vita, è una fede che non lascia alcun segno nella storia che è sempre una storia di vita delle persone.
Il tema della carenza dei preti è un tema che deve essere senz’altro affrontato, ma in altri modi e secondo altri ragionamenti perché il clima di panico o anche solo di emergenza che in alcune circostanze si vive nelle nostre comunità, non aiuterà in alcun modo dei giovani ad assumere la decisione o l’orientamento per una scelta vocazionale in senso ministeriale.
Come ho detto molte altre volte, in tanti anni di servizio in seminario (sono ormai 19) non ho mai incontrato nessuno che si presentava ai formatori del seminario perché aveva sentito che i preti stavano diminuendo; ho incontrato invece molti che si sono presentati per iniziare questo percorso perché – grazie a Dio – avevano incontrato sul loro cammino dei preti significativi che avevano infuso in loro una passione per il Signore e per la missione della Chiesa sulla quale volevano giocare la loro vita.
Anche a me è successo così! Penso anche a molti di voi.
Noi preti del seminario, siamo disponibili a venire a trattare queste questioni con gli adulti e i consigli pastorali delle parrocchie e delle zone pastorali. Chiamateci, se volete!
Intanto grazie a tutti per il sostegno e l’affetto che sempre ci date.
Approfitto di questa occasione per augurare a tutti un buon Natale e un buon anno nuovo.
don Andrea Turchini
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E’ bene che se ne parli espressamente in una riunione del clero.