9 dicembre 1990 – Prima messa celebrata a san Gaudenzo;
Sono passati 25 anni dal giorno in cui il Vescovo Mariano De’ Nicolò ci ha ordinati preti. Martedì abbiamo fatto festa con tanti amici che, inaspettatamente, hanno voluto condividere con noi questo anniversario.
Chi mi conosce sa che io non sono uno che ama le celebrazioni personali. Mi ritrovo più nello slogan: “palla lunga e pedalare“, ma devo riconoscere che, essermi fermato a condividere con altri il ringraziamento per il dono che il Signore mi ha concesso e che ho cercato di mettere a frutto in questi venticinque anni di ministero, è stato bello e importante.
Come venticinque anni fa’ l’omelia della messa è toccata a Guido, ma due parole ho dovuto dirle anche io… e non è stato tanto facile. Non tanto per l’emozione (che c’era), quanto perché non volevo ridurmi ad un amarcord nostalgico o ad espressioni che rischiano di essere troppo enfatiche. Fino a poche ore prima non avevo nulla di sensato da dire.
Quella mattina, però, mi è venuta in aiuto la parola di Dio con un versetto che ho sentito molto corrispondente a quello che mi trovavo a vivere. Era la lettura breve delle Lodi mattutine della solennità dell’Immacolata concezione di Maria: Is 43,1
Ora così dice il Signore che ti ha creato, o Giacobbe, che ti ha plasmato, o Israele: “Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni” (trad. CEI 1974)
Non temere: è l’invito che Dio rivolge ad ogni chiamato, da Mosé a Maria di Nazareth. Fa bene sentirselo dire e confermare. Dopo venticinque anni ho imparato a riconoscere il sostegno del Signore in tante situazioni, ma, dovendo proseguire il cammino, essendo molto meno spavaldo di quando sono partito, mi aiuta questo rinnovato invito del Signore.
Io ti ho riscattato: questa espressione è diventata sempre più vera negli ultimi anni, con il crescere della consapevolezza della mia fragilità e debolezza di fronte a situazioni molto grandi. Quando si è giovani, si ritiene di avere a disposizione molte risorse di forza, di intelligenza, di coraggio; si può ritenere di essere adeguati alle situazioni che si incontreranno. Io lo pensavo. Crescendo ho riconosciuto ogni giorno di più che, chiamandomi al ministero, il Signore ha riscattato la mia vita, mi ha dato la possibilità di vivere liberamente ed in pienezza questa vita che mi ha donato. E’ proprio vero che il Signore, chiamando alla sua sequela, prima di tutto guarisce e riscatta la nostra vita.
Ti ho chiamato per nome: è una cosa bella sentirsi chiamare per nome, sentirsi scelti. Sei proprio tu, non uno a caso. Ricordo che un giorno una ragazza mi diceva che per lei era motivo di timore pensare di essere scelta da Dio. Dentro di me ho sempre pensato che mi farebbe molto più timore il non essere scelto né da Dio, né da nessuno. Il Signore ci chiama per nome perché ci conosce e vuole stringere una relazione proprio con noi.
Tu mi appartieni: anche questa appartenenza si scopre come una cosa bella con l’andare degli anni. “Io sono” in quanto appartengo a qualcuno, perché c’è qualcuno per il quale io non sono indifferente. Mentre da giovani esaltiamo soprattutto la libertà e l’indipendenza, crescendo scopriamo come fondamentale questo legame di appartenenza. Non è un vincolo che schiaccia la libertà, ma è un legame che mi rimanda quotidianamente al valore della mia vita, un valore che, da solo, rischierei di smarrire.
Venticinque anni sono passati.
Ora ho azzerato “il contachilometri” e sono ripartito per i prossimi venticinque anni o per quelli che il Signore, nella sua provvidenza amorevole, vorrà concedermi.
Per adesso posso dire solo grazie.
Andrea (12 dicembre 2015)
Grazie per aver condiviso questi pensieri con noi e per averci permesso di fare festa insieme a te e a don Guido!
Grazie anche da parte mia, grazie per farci sentire vicini e partecipi a questo tuo importante traguardo, punto di bilanci e di nuove partenze. Anche questa è appartenenza ed è bello davvero.
Grazie a te